A cura di Giorgio Giunchi Joy Marino Stefano Trumpy
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Presentazione 04 Giugno 2014 Roma Camera dei Deputati

Introduzione

50 sfumature di comunicazione umana

Joy Marino, Giorgio Giunchi, Stefano Trumpy, Laura Abba, Enzo Valente

  • Una delle caratteristiche della natura umana è la curiosità; questo ci porta ad interessarci ad ogni novità; in qualche modo, poi, siamo inclini ad attribuire virtù salvifiche a queste novità, quasi una via d'uscita dalle limitazioni di noi piccoli bipedi implumi.
  • Da qui nasce la fiducia fideistica nelle virtù della tecnologia come panacea di tutti i nostri malanni, personali e sociali.
  • I mezzi di comunicazione sono solo un esempio.
  • Quando leggiamo delle cose meravigliose che fa - o potrebbe fare - Internet per "aggiustare", tra l'altro, i rapporti umani, sociali e financo politici della nostra società, non si può non ricordare il libro di Tom Standage, "The Victorian Internet": non un romanzo distopico, quanto la storia del telegrafo e dei suoi effetti sulla società del 19° secolo.
  • C'erano le stesse aspettative che noi abbiamo riposto nell'Internet, così come simili erano le modalità di diffusione, riconducibili a pattern analoghi gli effetti sull'industria ed il lavoro, addirittura quasi imbarazzanti le similitudini nelle patologie (gli hacker, le truffe, ...).
  • Se allora il Potere capì per tempo l'importanza della nuova tecnologia e ne assunse il controllo, nella nostra epoca molti si sono illusi che il nuovo modo di comunicare reso possibile da Internet fosse davvero democratico e libero.
  • Per poi avere contezza, finanche sui media generalisti grazie al whistleblower Snowden, che la stessa tecnologia che abilita le comunicazioni interpersonali di tutti con tutti a costo marginale, consente di raccogliere dati dettagliati in enormi quantità e di distillarli automaticamente per estrarne informazioni su tutti gli aspetti della nostra vita personale, sociale e politica, tutto ad uso dei poteri costituiti o dei nuovi intermediari del marketing.
  • La tecnologia non è, di per sé, né democratica né repressiva: come un coltellino svizzero, può essere usata per scopi contrastanti, sta a noi farne l'uso che riteniamo migliore, ma sempre rimanendo consci dei suoi limiti e rischi.
  • La tecnologia che ha aiutato le varie Primavere Arabe a riempire le piazze è la stessa che ha consentito alla NSA di raccogliere - ed usare! - quantità sterminate di dati su tutti noi. Questo quaderno vuole studiare come può la tecnologia di Internet portare a cambiamenti nei modi della politica, senza aspettative salvifiche e senza preconcetti luddisti.
  • Una comunicazione "piatta" ed a costo trascurabile ci riporta, da un lato, all'agorà della polis greca, ma dall'altro richiede di affrontare la complessità intrinseca quando il villaggio - globale - è composto di centinaia di milioni, anzi: di miliardi, di cittadini. Questo porta al problema della complessità [1]; è quasi ironico che una delle tecniche utilizzate dagli ingegneri della complessità si chiami "divide et impera", che rimanda a Giulio Cesare, a Napoleone ed agli Asburgo, ritornando, quindi, ancora una volta a parlare di politica.
  • Far funzionare le interazioni sociali del villaggio globale è difficile: non siamo attrezzati a sufficienza, corriamo il rischio, in ogni momento della storia, di finire per dipendere dalle strutture del potere, con tutto quanto questo comporta.
  • Una delle prime "delusion" (in inglese significa illusione) di Internet è stata quella che potesse essere il "Grande Disintermediario", e questo si verificò in vari contesti, dai servizi di informazione al commercio on-line, ben prima che qualcuno pensasse alle interazioni con la politica.
  • Ai tempi della famigerata Bolla, sembrava che il ruolo del giornalista e del giornale dovesse venire annullato, data la quantità di news che circolano istantaneamente in rete, veicolate con strumenti diversi (tweet, mail, blog, newsletter) e, soprattutto, in massima parte gratuite (o pseudo-gratuite) e disintermediate.
  • Ma il ruolo del giornalista è rimasto fondamentale, non tanto per "dare le notizie", quanto per essere filtro dell'alluvione di informazioni in cui possiamo annegare e selezionare solo quello che è importante per ognuno di noi in modo diverso.
  • Ecco quindi la necessità di autorevolezza e quindi, in pratica, un meccanismo di delega basato su un contratto di fiducia: il tempo che guadagno non raccogliendo direttamente le notizie ed il rapporto fiduciario con la firma e la testata.
  • L'esempio di disintermediazione/re-intermediazione più eclatante è quello che è avvenuto nel settore del e-commerce.
  • All'inizio sembrava che tutti avrebbero scambiato merci e servizi con tutti, qualunque sperduto artigiano o contadino avrebbe fatto concorrenza alle grandi catene di distribuzione...
  • Non è successo. In tutti i settori merceologici (turismo, elettronica, libri, giochi, abbigliamento, musica, film) si è passati attraverso mutazioni successive: la scomparsa degli intermediari tradizionali, la nascita di una miriade di iniziative più o meno velleitarie, ed infine il consolidamento di pochi nuovi intermediari globali.
  • Accanto a questi soggetti piccoli e piccolissimi hanno trovato solo uno spazio modesto, con le loro nicchie di mercato e le loro "communities" fedeli, grazie a quel fenomeno che va sotto il nome di "Long Tail" [2].
  • Se questo scenario fosse applicabile alle interazioni politico-sociali, i possibili futuri della edemocracy avrebbero una luce inquietante.
  • È facile identificare gli intermediari tradizionali della politica nei partiti, per altro in Italia già messi in crisi dal passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica e dal progressivo aumento della delusione per la democrazia testimoniata dal "partito del non-voto".
  • La fiducia salvifica nelle virtù della Rete come "cura" della democrazia è analoga al boom delle micro iniziative di e-commerce dei tempi della bolla di Internet (2000).
  • Ma chi saranno i nuovi intermediari globali della politica?
  • Può stupire che tra i principi di Google [3] ci sia anche un "Democracy on the Web works", ma l'idea di un Google-partito - o di un partito-google - capace di percepire ed incanalare gli interessi di tutti i cittadini connessi in rete, evoca più scenari da Grande Fratello che da democrazia diretta, o liquida, o partecipata che dir si voglia.
  • Un altro esempio di come siano cambiati i modi di interagire con la Rete, anche questo con effetti inattesi sulla vita sociale e politica è il tema dell'identità.
  • Nella stagione dell'innamoramento tra l'utente ed Internet vigeva il paradigma del "anonimato assoluto", la Rete come una specie di "Grande Equalizzatore" [4] che metteva tutti sullo stesso piano, annullando - o comunque nascondendo - le differenze tra gli individui, in modo da concedere a tutti le stesse opportunità di intraprendere o di esprimersi.
  • L'anonimato, vero o presunto, ha consentito libertà di espressione, ma al tempo stesso ha facilitato lo sviluppo delle patologie della Rete, dallo spamming alla pirateria, alla diffamazione.
  • Che non si trattasse di un vero anonimato è stato tra i gridi di allarme degli addetti ai lavori, fino a giungere ai giorni nostri, dove convivono entrambi gli estremi: da un lato chi ha consapevolezza che tutte le tracce che lasciamo in Rete possono essere raccolte ed utilizzate per individuare chi siamo fin nei più personali ed intimi dettagli, dall'altra chi si affida acriticamente ai social network, sia per esprimere il proprio pensiero all'interno di una "community" considerata esclusiva e riservata, sia per promuovere azioni di protesta e coordinamento in paesi scarsamente democratici, illudendosi di essere protetti da un anonimato che non esiste più.
  • Volendo affrontare il tema di questo quaderno, è quindi importante rivisitare il ruolo dell'identità in Rete.

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  • Che identità ha il cittadino della rete ovverosia il soggetto della "polis"?
  • Questa domanda è pre-giudiziale per fare valutazioni sulla democrazia ai tempi di Internet.
  • Oggi, chi più chi meno, tutti sono cyber-cittadini che la rete pre-conosce allorquando iniziano ad usare strumenti di e-democracy.
  • Ovviamente ogni individuo verrà valutato e potrà divenire un e-politico sulla base del consenso che sarà capace di ottenere attraverso la rete, anche se infine fosse solo interessato ad assumere informazioni e sviluppare interazioni finalizzate al proprio singolo voto.
  • È vero comunque che ciascuno avrà certamente lasciato sulla rete una quantità di tracce che nei decenni o secoli passati non erano assolutamente disponibili, a meno di indagini segrete connesse a liste di prescrizione o simili strumenti.
  • Cosa penserà quindi il cittadino che si espone agli strumenti di e-democracy sulla rete? Innanzitutto vorrebbe che la propria immagine, al momento in cui si affaccia alla polis, fosse vergine; e se così non è, vorrebbe essere garantito di poter esercitare una correzione del proprio profilo come appare dalle informazioni che lo riguardano reperibili in rete.
  • Comunque succede che il corpo dei potenziali votanti, interagendo con gli strumenti di e-democracy, sarà portato ad essere sincero o meno, in una maniera diversa da come si usava nella polis greca.
  • Innanzitutto i populismi avranno terreno fertile nel senso che dei leader spregiudicati approfitteranno abilmente dei vantaggi delle comunicazioni da uno a molti, della a-temporalità delle comunicazioni, che è diversa dal contatto diretto del leader con la folla, come succede nei comizi, etc. I leader poi lavoreranno per la loro memoria ovverosia per creare una immagine stereotipata, possibilmente eroica, per consolidare il mito del capo.
  • Voi direte: ma tutto questo non esisteva già prima?
  • Nella sostanza sì ma è indubbio che Internet aiuta per la capacità di ricordare, di contattare le persone sia in tempo reale che differito. Allora sarà indispensabile propagare agli individui, ai leader ed ai partiti una sana cultura sugli aspetti positivi e negativi nell'uso della Rete nel fare politica, al fine di aiutare la politica ad essere la più elevata delle arti del genere umano, come diceva Platone.
  • Se i politici non si comportano bene, sarà difficile per loro ottenere l'immagine in rete che loro desidererebbero di avere, poiché la Rete ha memoria lunga.
  • Un tempo, dopo le azioni, lo scritto aveva valore essenziale per i politici; oggi ci si avvicina di più a svelare l'individuo come se si leggesse nel pensiero, dato che si registra tutto, anche le espressioni che si usano al bar, le cose che si dicono in assoluta sincerità con gli amici attraverso intercettazioni telefoniche, i gusti personali sulla base di quello che si compera con le carte di credito, con i siti che si visitano con i motori di ricerca, etc.
  • La privacy è molto a rischio, con molte zone di ombra e conseguente incertezza su chi è più a rischio. Che valori positivi e negativi ha tutto questo per la polis odierna? Forse diventeremo tutti più sinceri nell'esercizio della democrazia perché, come detto sopra, praticamente "ci si legge nel pensiero"?
  • Ai posteri l'ardua sentenza.

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  • Prima di lasciare la pagina agli autorevoli ed appassionati autori che hanno accettato il nostro invito a confrontarsi su questi temi, ci sia consentito dedicare due parole al titolo stesso di questo quaderno.
  • Siamo partiti dalla banale sensazione che la vocazione a predicare o aggettivare la "democrazia" rilasci ancora l'insidia - che dovrebbe esser storicamente nota - delle dicotomie prossime: che "democrazia diretta" e "democrazia rappresentativa" si costituiscano, ancora una volta dopo l'ultima, come ortodossia ed eresia, sunna e scia, norma e trasgressione: insomma come funzioni di consenso, di poteri.
  • Abbiamo proseguito poi registrando la banale notizia che il gergo standard e-democracy surroga e scambia, con destrezza, elettronica e internet:
  • i-democracy

  • E visto che l' interconnessione di reti ridisegna il sogno trascendente degli economisti e la chimera immanente di ogni business (possiamo citare in ordine sparso: un disponibile "mercato perfetto", una matriciale riproduzione di servizi a mezzo di servizi, "the internet is for everyone") avremmo potuto scegliere di disvelarne irrispettosamente la base materiale di prassi:
  • $-democracy, €-democracy

  • oppure vigilare sulla possibile degenerazione di un preciso luogo di teoria (dell'informazione: ogni soggetto di comunicazione ne è terminale), da cui:
  • end-democracy

  • Infine non possiamo non rilevare che Internet è clamorosamente un laboratorio di sviluppo le cui applicazioni sono spesso in prima generazione, e quindi sarebbe meno presuntivo dichiarare criticamente che i modelli di delegazione sono ancora in fase di test:
  • Avevamo anche pensato di formalizzare tutte queste problematicità:
  • "e-democracy?"

  • Tutta accademia.
  • Ogni accortezza semantica distorce, per la precisione distorce le prospettive: non a caso il design del quaderno tutto, come pure la composizione interdisciplinare dei contributori, è in contrappunto fra l'aggiornamento di stato su servizi/applicazioni civili, e la demitizzazione di qualche tenace slogan, totem e tabù.
  • .

    Agli albori, era lecito confidare in uno scenario d' interconnessione più generoso.

    Ma il caleidoscopio di questo nuovo cannocchiale galileiano ha cominciato a ruotare - nulla sarà più come prima - tutto vi si riposiziona come può - e al solito come conviene: persone, modelli di relazione, e percezioni.

    50 sfumature di comunicazione umana.

NOTE

  • [1] La complessità cresce con il quadrato del numero degli elementi: per una polis di 1000 cittadini le interazioni possibili sono 1 milione; per una comunità di 1 milione di persone sono 1000 miliardi, per tutti gli utenti di Internet sono -in teoria - 1 seguito da 18 zeri, "un miliardo di miliardi".
  • [2] Termine coniato da Chris Anderson su Wired nel 2004. In soldoni, significa solo che quando il costo della singola transazione è molto basso, la distribuzione statistica delle transazioni sostenibili si allarga molto, con una "coda lunga" in cui sono tantissimi soggetti che fanno pochissime transazioni. In ogni caso quelli che ne fanno tantissime sono sempre pochi!
  • [3] http://www.google.com/about/philosophy/
  • [4] Una famosa vignetta (Peter Steiner, The Newyorker, 1993) mostrava un cane davanti alla tastiera di un PC che pensa "On the Internet nobody knows you're a dog".
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