A cura di Giorgio Giunchi Joy Marino Stefano Trumpy
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Presentazione 04 Giugno 2014 Roma Camera dei Deputati

2. e-democracy

Piattaforme di consultazione pubblica

bio

Stefania Milan

  • In uno dei primi esperimenti di consultazione pubblica a livello nazionale promosso nel nostro Paese hanno partecipato Napoleone e Nonna Papera.
  • Era il 2012 e la consultazione, sul cosiddetto valore legale del titolo di studio, era stata lanciata dal Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) Francesco Profumo, su sollecitazione del Presidente del Consiglio Mario Monti.
  • Un errore procedurale legato all’identificazione dei partecipanti tramite codice fiscale ha trasformato la consultazione, aperta a tutta la cittadinanza, in un esercizio quasi grottesco.
  • Se dal 2012 a oggi qualcosa è stato fatto, molto rimane ancora da fare per colmare il gap del nostro Paese nell’ambito della partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica.
  • Quest’articolo adotta una prospettiva sociologica nel riflettere sui meccanismi della consultazione pubblica quale strumento principe della cosiddetta e-democracy.
  • Le consultazioni qui illustrate sono rivolte alla cittadinanza in senso ampio, e hanno lo scopo di orientare le amministrazioni nei processi decisionali.
  • Come ogni forma di partecipazione politica, anche l’e-democracy richiede determinate condizioni tecno-socio-culturali per funzionare al meglio e tradurre in pratica l’ambizione all’inclusione e all’orizzontalità che promette fin dal principio.

L’immaginazione sociologica al potere:

La Rete tra vincoli strutturali e agire umano

  • Interpretare in chiave sociologica la Rete e il suo potenziale partecipativo significa sviscerare il contesto nel quale attori sociali e istituzioni agiscono e negoziano le regole della Rete.
  • Qui eserciterò quella che il sociologo americano C. Wright Mills (1959) definì “immaginazione sociologica”, mettendo in relazione questioni di natura individuale e privata con la dimensione pubblica della Rete.
  • Secondo Mills, possiamo comprendere la condizione dell’individuo solo ponendolo in relazione con il contesto della società in cui vive. Pertanto, non possiamo capire l’individuo contemporaneo senza prendere in considerazione le tecnologie di informazione e comunicazione, che sono componenti essenziali della nostra società.
  • Per un sociologo, l’individuo è il prodotto di complesse relazioni sociali. La tecnologia, agendo da ponte tra le vite private dei cittadini e la società, forgia molteplici legami e scambi sociali. Un sociologo della Rete si interessa pertanto alle relazioni sociali che la Rete sottende; guarderà alle caratteristiche tecniche della Rete solo nella misura in cui queste facilitano o limitano tali relazioni.
  • Quali relazioni sociali ospita la Rete?
  • Vi troviamo relazioni tra istituzioni, relazioni all’interno di un’istituzione, e relazioni tra istituzioni e individui, che a loro volta sono parte di gruppi sociali più ampi (Croteau et al., 2011).
  • La Rete assume significati distinti a seconda degli attori: comprendere questi molteplici ruoli ci aiuta a sfruttarne meglio le potenzialità partecipative.
  • Attraverso l’immaginazione sociologica possiamo inoltre identificare due macro dinamiche nell’universo della Rete: l’agire umano e la cosiddetta struttura, spesso in contrasto.
  • Mentre la dimensione dell’agire umano indica azione volontaria e autonoma da parte dell’individuo, la dimensione della struttura allude alla presenza di vincoli all’agire umano.
  • La struttura rappresenta l’insieme delle regole riconosciute nella società che caratterizzano il comportamento umano.
  • Nel nostro caso, la struttura si riferisce alla cosiddetta “governance di Internet”, sia formale sia informale, ma comprende anche le aspettative e norme di interazione sociale che regolano i rapporti interpersonali in Rete e nella vita reale, compresi quelli legati ai meccanismi di e-democracy.
  • Alla struttura fa da contraltare la dimensione dell’agire umano, che deve fare i conti con i vincoli strutturali. Infatti l’agire umano tende a riprodurre la struttura sociale, fino a quando individui o gruppi sociali non la metteranno in discussione: anche se la struttura limita l’agire umano, quest’ultimo ha la capacità di alterarla.

L’evoluzione della struttura:

La pubblica amministrazione come piattaforma

  • Quale configurazione dovrebbero assumere le relazioni tra istituzioni e individui al fine di creare terreno fertile per l’e-democracy, e le consultazioni pubbliche in particolare?
  • Quali dinamiche potrebbero ridurre i vincoli strutturali al minimo, al fine di stimolare l’agire individuale e collettivo?
  • Un modello in tal senso è offerto dal “governo 2.0” (O’Reilly, 2009), che pone il cittadino al centro e lo stimola ad agire per il bene comune. Il governo 2.0 crea opportunità che sta al cittadino sfruttare: si tratta di un’amministrazione pubblica “malleabile”, che fornisce strumenti e infrastrutture leggere e accesso alle informazioni in mano allo Stato, lasciando libertà d’iniziativa al cittadino.
  • Il sito data.gov del governo USA è un ottimo esempio di governo 2.0: dà accesso a banche dati che il governo crea nell’adempimento delle proprie funzioni amministrative, e che i cittadini possono usare per ideare servizi di pubblica utilità.
  • Lo Stato diventa più trasparente, e promuove il ruolo attivo dei cittadini nella gestione della cosa pubblica.
  • La caratteristica principale del governo 2.0 è la generativity (generatività), vale a dire l’abilità di stimolare l’iniziativa del cittadino tipica delle piattaforme open-ended, che, a partire da tecnologie di base, permettono agli utenti di immaginare usi a volte non previsti dagli sviluppatori (Zittrain, 2008).
  • A tal proposito, potremmo parlare di “governo piattaforma”, o “governo a codice aperto” (Slaughter, 2012): invece di inquadrare la partecipazione in meccanismi, regole e cadenze, l’amministrazione pubblica si limita a fornire l’hardware e il software per permettere ai cittadini di partecipare, dando loro la possibilità di autorganizzarsi per il bene collettivo.
  • Tale configurazione richiede un cambiamento di prospettiva da parte delle istituzioni, ma si alimenta anche di cittadini che reclamano una maggiore partecipazione e trasparenza.

L’agire umano al lavoro:

L’importanza della spinta dal basso

  • In Italia, la spinta verso l’amministrazione-piattaforma è partita dal basso: sono stati i cittadini a lanciare le piattaforme per il monitoraggio dell’amministrazione pubblica, diventando i promotori di un lento processo di trasformazione delle istituzioni.
  • Spaghetti Opendata, una rete di sviluppatori e attivisti dei dati aperti, ha creato il progetto Monithon, una “maratona di monitoraggio” civico dei progetti finanziati dalle politiche europee nell’ambito delle politiche di coesione territoriale, che si alimenta dei dati aperti messi a disposizione da ministeri e regioni.
  • Spaghetti Opendata ha lanciato anche TweetYourMEP, dove MEP sta per membro del Parlamento Europeo: la piattaforma dà ai cittadini la possibilità di comunicare direttamente con i propri rappresentanti attraverso Twitter, un servizio di microblogging.
  • Altri gruppi, come il Partito Pirata e il MoVimento 5 Stelle, usano piattaforme come LiquidFeedback, che coinvolgono la cittadinanza nei processi decisionali interni.
  • Questi esempi di amministrazione-piattaforma made in Italy sono il risultato di un incontro tra un’amministrazione più o meno convinta dell’importanza del coinvolgimento dei cittadini e una comunità agguerrita di “civic hackers”.
  • Civic hacking fa riferimento ad un approccio creativo alla risoluzione di problemi di carattere civico e portata comunitaria.
  • Spesso i civic hackers sono programmatori, ma non mancano gli appassionati di trasparenza e cambio sociale.
  • Di frequente organizzano “hackathons”, eventi di uno o più giorni in cui si risolve collettivamente un problema.
  • Le hackathons pongono l’accento sulla conoscenza locale e la costruzione di comunità, e funzionano da volano di processi virtuosi di impegno sociale. Questi esempi rientrano nella categoria di strumenti di e-democracy in senso lato.
  • L’entusiasmo e l’autorganizzazione al livello della cittadinanza sono fondamentali per il fiorire di esperimenti innovativi di dialogo tra cittadini e istituzioni.
  • Per quanto riguarda l’e-democracy in senso stretto, ad esempio le consultazioni pubbliche, l’iniziativa rimane nelle mani dell’ente pubblico: pur alimentandosi della presenza di una società civile assettata di partecipazione, il cambio di passo deve partire dalle istituzioni.

Il peso delle regole:

le consultazioni pubbliche come patto tra amministrazioni e cittadini

  • Le consultazioni pubbliche permettono ai cittadini di dire la loro in maniera trasparente e non filtrata, moltiplicando le possibilità di esprimere la propria volontà oltre al meccanismo cadenzato del voto.
  • Si tratta di forme di democrazia diretta comunemente costituite da sondaggi in Rete, ai quali i cittadini partecipano su base volontaria.
  • Si differenziano da forme di partecipazione su base elettorale quali i referendum: solitamente le preferenze espresse dai cittadini non sono vincolanti, e l’auto-selezione dei partecipanti non conferisce alla consultazione valenza statistica e rappresentativa delle preferenze dell’intera società. Gestire consultazioni pubbliche non è solo una questione di strumenti o tecnologia, ma è soprattutto una questione di cambio di prospettiva.
  • Se da un lato le tecnologie digitali sono in grado di cambiare il gioco della politica, i software saranno innovativi se e solo se a cambiare sarà l’approccio globale verso la questione democratica.
  • Esercitando l’immaginazione sociologica, si tratta di una modifica dei vincoli strutturali da parte dell’agire umano, vale a dire una metamorfosi delle convenzioni che regolano i rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione. Inoltre il necessario cambio di visione coinvolge due tipi di relazioni sociali: da una parte, le relazioni all’interno dell’istituzione (la pubblica amministrazione), e dall’altra, il rapporto tra istituzioni e individui e gruppi sociali.
  • Perché il collegamento con le istituzioni di partecipazione democratica come il Parlamento sia presente ed efficace, l’azione dei cittadini innovatori deve trovare un riscontro istituzionale. Servono tre ingredienti fondamentali: nuovi valori, nuove risorse, e nuove regole.
  • Occorrono nuovi valori: una cultura nuova della trasparenza e del bene comune, un’educazione al monitoraggio costante e all’approccio critico verso la cosa pubblica, e un allenamento alla partecipazione (da parte dei cittadini) e all’ascolto (da parte dei governanti).
  • È un cambiamento culturale di portata epocale che va promosso a livello centrale, ma che si alimenta dell’interesse dei cittadini.
  • La consultazione pubblica si basa sulla nozione del “citizen expert”, vale a dire il cittadino esperto la cui opinione può contribuire al miglioramento delle politiche pubbliche in quanto si fonda su conoscenze derivate da esperienze dirette.
  • Servono poi nuove risorse, e in questo processo le istituzioni hanno un ruolo fondamentale da giocare, aprendo l’accesso all’enorme quantità di dati che detengono, e fornendo piattaforme accessibili. Infine, servono nuove regole che disciplinino l’interazione tra istituzioni e cittadini, e funzionino anche da strumento educativo.
  • Si tratta di due tipi di regole: quelle rivolte ai cittadini, perché sappiano cosa possono aspettarsi dal rapporto con le istituzioni, e regole rivolte all’amministrazione pubblica, in modo che venga educata e obbligata ad ascoltare, fornire risposte, e prendere sul serio il coinvolgimento dei cittadini, uscendo dalla logica della mera ricerca del consenso.
  • In altre parole, le consultazioni pubbliche devono essere sostenute da un patto tra la pubblica amministrazione e i cittadini. Tale patto definisce le regole dell’interazione tra le parti, impegnando entrambe a rispettare regole di buona convivenza.
  • Il patto deve essere consultabile, ma è suscettibile di miglioramenti nel tempo, per riflettere la tecnologia che cambia e i bisogni in evoluzione di Stato e cittadini.
  • Come tutti i patti, deve servire a futura memoria, ed essere uno strumento di accountability e monitoraggio nelle mani dei cittadini, i quali possono chiedere conto alle istituzioni delle loro azioni.
  • Deve infine funzionare da strumento di educazione della stessa pubblica amministrazione, affinché ricordi che la partecipazione è un esercizio di ascolto che richiede volontà e dispiegamento di risorse.
  • Questo patto tra istituzioni e cittadini era stato inaugurato su scala nazionale dal governo Monti sotto l’egida del MIUR, con l’introduzione di un decalogo di linee guida per la pianificazione e la gestione delle consultazioni pubbliche (consultazionepubblica.gov.it/ code-for-practice).
  • Il decalogo è uno strumento di educazione e di regolamentazione: da una parte regola il meccanismo delle consultazioni, impegnando sia il cittadino che l’istituzione a rispettare dei requisiti di base, dall’altra promuove un cambiamento culturale nella gestione della cosa pubblica.
  • L’esperimento è stato purtroppo abbandonato, e nella consultazione sulle riforme costituzionali promossa dal governo Letta (http://www.partecipa.gov.it) non se ne fa menzione.
  • Esistono alcuni modelli virtuosi: la piattaforma TuParlamento, sostenuta da un gruppo di parlamentari di diverse formazioni politiche e che permette ai cittadini di avanzare proposte al Parlamento, si basa su un “patto partecipativo”, in virtù del quale i parlamentari che aderiscono si impegnano a dare un seguito e ad fornire aggiornamenti sulle “proposte-petizione”.
  • In conclusione, promuovere la partecipazione dei cittadini al tempo della Rete significa comprendere che la partecipazione è al tempo stesso trasparenza, dialogo, ecosistema, e sperimentazione.
  • È trasparenza, perché, come la Rete che è caratterizzata da architettura e standard aperti, si regge su un sistema malleabile che ha la capacità di migliorare infinitamente.
  • È dialogo, in quanto la partecipazione che promuove è una comunicazione bidirezionale che presuppone ascolto e un ruolo attivo da entrambe le parti.
  • È ecosistema, in quanto per incoraggiare la partecipazione bisogna creare terreno fertile e offrire risorse su cui gli utenti possano “costruire”: servono piattaforme ma anche azioni specifiche con adeguata copertura finanziaria.
  • È infine sperimentazione: in una fase di passaggio tra vecchio e nuovo come quella che stiamo vivendo, pubblica amministrazione e cittadini devono abbracciare l’incerto e lo sperimentale, procedendo per prove e errori. È un processo di apprendimento complesso ma condiviso, che richiede pazienza e determinazione nel cercare le soluzioni migliori.

Bibliografia

  • [1] Croteau, D., W. Hoynes e S. Milan (2011). Media/ Society. New York: Sage
  • [2] Mills, C.W. (1959). The Sociological Imagination. New York: Oxford University Press
  • [3] O’Reilly, T. (2009). “Gov 2.0: It’s All About the Platform”, TechCrunch, 4 settembre.
  • http:// techcrunch.com/2009/09/04/gov-20-its-all-about-theplatform/

  • [4] Slaughter, A.M. (2012). “Government as Platform”, The Wired World in 2013, pp. 97-98
  • [5] Zittrain, J. (2008). The Future of the Internet and How to Stop It. New Have and London: Yale University Press
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