Alessandro Nicotra

  • Alessandro Nicotra, milanese, laureato in giurisprudenza, consigliere di Isoc Italia ha rappresentato l'associazione al WSIS di Tunisi.
  • Specializzato in nuove tecnologie e diritto informatico, impegnato in Internet dal 1994 ha recentemente fondato le associazioni Italia Digitale e Diritti Digitali che ha l'onore di presiedere.
  • Con la creazione del primo gruppo di discussione di "cultura e religione" ha contribuito alla crescita della Usenet italiana.
  • Collabora con la Cattedra di Informatica Giuridica dell'Università degli Studi di Milano e più diffusamente con diverse associazioni ed istituzioni accademiche e non.
  • Promotore e responsabile di numerosi progetti nel campo della comunicazione, della formazione e dei processi di innovazione tecnologica.
  • Curatore ed autore della rubrica Internet pubblicata dal mensile "Il Timone", promuove e partecipa attivamente a convegni ed eventi volti alla diffusione positiva della cultura Internet.
  • Particolarmente attento al sociale ed al terzo settore studia modelli di sviluppo, modelli di regole e modelli economico-formativi, basati sulla collaborazione, sulla condivisione, sull'e-learning e sul software Floss.

Tecnica, diritto, formazione e modelli collaborativi

Per anni Internet è riuscita a progredire grazie a Gentlemen's Agreements ovvero grazie ad un protocollo comportamentale basato su correttezza ed efficienza: un modus operandi non scritto ma vigente fra tutti i tecnici, gli scienziati, gli accademici e gli esperti del settore. Gli unici protocolli formalizzati, attraverso le cd. RFC [1], diventavano e diventano così delle "Leggi"di riferimento con un'unica ma efficace sanzione, in caso di mancato rispetto o di mancata adozione, per quanti costruivano ed usavano la Rete: l'esclusione e l'emarginazione di fatto.

Del resto, che senso avrebbe, una volta convenute a livello internazionale delle unità di misura, adottarne di nuove che non permettano l'interoperabilità tra sistemi, la conversione e lo scambio di dati, di merci o di altra qualsivoglia relazione e correlazione? Non è forse l'uomo un animale necessariamente sociale?

L'enorme, e parzialmente inaspettato, successo dell'Internet si è avuto proprio grazie a questi protocolli aperti e condivisi che hanno reso antieconomico ed irragionevole mantenere sistemi e modelli proprietari che non possono o non riescono a comunicare ed operare tra loro. Necessità e concetti, questi, da tempo noti a quanti si occupano di scienza, di cultura, ma anche a quanti si occupano di infrastrutture, di commercio e di diritto internazionali.

Quanto appena descritto, se da un lato può sembrare una ricostruzione superficiale o faziosa o peggio ancora una ingenua e semplicistica analisi di quella che è stata ed è una rivoluzione di fatto, dall'altro fu proprio, in estrema sintesi, quanto si verificò a partire dagli anni '90, quando il mercato, da sempre attento ai numeri, ritenne opportuno adottare e promuovere il già diffusissimo Internet Protocol Suite ovvero quell'architettura di rete, basata su protocolli come il TCP/IP, creata da Robert Kahn e Vinton Cerf anni addietro e, successivamente implementata, tramite le già ricordate RFC, dalla comunità internazionale dei tecnici e degli esperti, che costruivano ed usavano materialmente quelle reti. Una anomalia resa ancor più evidente dal fatto che in realtà esisteva anche un protocollo OSI (Open System Interconnection) voluto nel 1979 dal più importante ente di standardizzazione internazionale, l'ISO [2], e definito "dall'alto" come standard per le reti di telecomunicazioni mondiali, ma poi abbandonato per ragioni pratiche.

Con il riconoscimento alquanto interessato, infatti, da parte del mercato si assistette al successo di una serie di protocolli scaturiti da un nuovo modello culturale, fondato sulla collaborazione tra società civile, laboratori di ricerca ed università, sui formati aperti, sulla individuazione di soluzioni funzionali e neutrali piuttosto che finalizzate a capricci ideologici o ad interessi esclusivamente economici di uno o più persone, istituzioni o gruppi di potere.

Si realizza, quindi, una anomalia di storica portata che non sovverte ma semplicemente si affianca ed offre, per la formazione la produzione e l'adozione di standards, un percorso alternativo a quello classico dato soprattutto dall'intreccio tra politica e poteri forti.

Mentre l'approccio "classico" cerca di imporre o far adottare "dall'alto" (top to the bottom) determinati standard, convenzioni e regole, rivendicando un potere d'indirizzo basato più o meno apertamente sul principio di autorità e diffuso tramite un uso strumentale (con esiti non sempre ottimali quando non, addirittura iniqui) delle legislazioni sovranazionali o locali, il "nuovo" metodo ed il modello operativo tecnico, quale è quello delle RFC e di ISOC, si sviluppa e si diffonde "dal basso" (bottom to the level), da parte degli stessi attori della rivoluzione informatica e su basi prettamente funzionali, arrivando ad imporsi per diffusione virale e volontaria, con un'adozione spontanea e di fatto, non per una qualche imposizione normativa o politica.

I curiosi, gli storici, gli appassionati, ma soprattutto i critici e gli scettici, possono studiare e scoprire da soli numerosissimi aneddoti, interpretazioni e ricostruzioni sulla storia del modello collaborativo che caratterizzò e caratterizza l'operato dei pionieri dell'Internet, della IETF [3], dell'ISOC [4] e dei gruppi di lavoro speculari.

Quello che si vuole qui rivendicare ed oggettivare, invece, è quel normale e giustificabile sentimento di orgoglio e di appartenenza a questa comunità "Internet" che ha contraddistinto e contraddistingue tutti coloro che vi contribuirono e vi parteciparono "in solido" quando non era ancora un fenomeno di massa e non ci si sognava nemmeno di brandire il diritto per querele, denunce od azioni penali. Il fenomeno informatico era, sino a vent'anni fa, ancora riservato a ristretti gruppi di accademici, di tecnici o di inguaribili appassionati di nuove tecnologie.

Quel mondo caoticamente ordinato ed ispirato ad una sana competizione volta a primeggiare in conoscenza ed in capacità visionarie-esplorative, oggi, è stato in qualche modo stravolto dalla diffusione dei personal computer, dall'irrefrenabile ed esponenziale crescita delle connessioni tra questi o tra questi ed i nuovi dispositivi mobili e proprio dal successo di una così diffusa ed aperta distribuzione od accessibilità dell'informazione e al "potere" di contribuirvi personalmente. Invero, l'aumentare degli utenti aveva comportato dei primi esperimenti di autoregolamentazione sociale e non più meramente tecnica sul come ci si dovesse comportare ed interfacciare sul Web: nacquero i primi tentativi di autoregolamentazione come la Netiquette, apparvero i moderatori nei gruppi di discussione e via discorrendo.

Ciò nonostante, si è arrivati al paradosso di criticare ed indicare come punti deboli ed accusare proprio quegli aspetti tecnico-sociali della Rete che ne hanno determinato la diffusione a livello planetario (e prossimamente interplanetario [5]): l'apertura dei protocolli, l'architettura agnostica e determinate sue implementazioni tecniche, necessariamente e funzionalmente neutrali. Si è arrivati a confondere causa ed effetti, mezzi e fini, infrastruttura e punti terminali, protocolli di trasporto dei dati con il contenuto dei dati stessi.

Sul punto, Isoc Italia ha già pubblicato in passato un Quaderno dedicato alle c.d. Patologie della Rete, illustrando come Internet sia e rimanga uno specchio della società, nel bene e nel male. L'ignoranza, la povertà, la maleducazione, i truffatori, i ladri, i pedofili... Sono tutti aspetti della vita reale e della società umana, non peculiarità imputabili all'esistenza della Rete che si limita, semmai, a farli emerge in tutta la loro crudezza, costringendoci ad affrontarli ed anzi, dandoci spesso una opportunità in più per poterlo fare. Internet non ha mutato o trasformato l'essenza delle cose e della realtà.

Sino a qualche hanno fa certi "guru" (più del marketing che delle cose della vita invero) solevano parlare del mondo digitale come di un mondo virtuale e, quindi, non esistente se non metafisicamente, come i sogni od i pensieri. Una cantonata, questa, che potevano prendere e far prendere solo quanti non avessero fatto esperienza vera e diretta di quel mondo e di cosa implicasse il connettersi ed il connettere in Rete.

La nuova società dell'Informazione, il nuovo mondo digitale non è meno virtuale di un quadro, di un disegno, di un componimento letterario musicale o di una scenografia: tutte queste cose non sono altro che forme di rappresentazione della realtà. L'aspetto veramente rivoluzionario dato dalla rappresentazione binaria della vita in bit, bytes e data packets è dato dalla nuova dimensione creatasi e da una nuova, non meglio definita e definibile, percezione spazio-logico-temporale che si è venuta a creare con l'Internet. Basti pensare alla scomparsa dei confini tradizionali ed ai conseguenti problemi di giurisdizione, ma si pensi anche alla scomparsa di valenza tra originale e copia di un bene immateriale (libro, fotografia o canzone per intenderci) una volta riversato in formato digitale.

Si pensi al paradosso della protezione dei dati personali, intimamente e necessariamente correlati alla propria identità digitale ovvero della propria identità in Rete, cui si contrappone l'aspirazione ed il diritto a più identità, fittizie ma con implicazioni reali, come nel gioco on line Second Life. Per sottacere, poi, sugli altrettanti e paradossali effetti dati dalla voglia di sempre più individui di mettersi in mostra rectius di comunicare e di conoscere, cui non corrisponde altrettanta voglia di capire e di approfondire le implicazioni connesse all'uso delle nuove tecnologie. Ed ancora, si pensi, infine, all'eccesso di informazione disponibile e, per contro, alle capacità umanamente limitate di vagliarla tutta od almeno una piccola parte in modo critico, cosa, quest'ultima, che finisce col tributare o innestare nella Rete anche un'anima o una parascientifica forma di anelito spirituale e/o di religiosità (Chi siamo? Da dove veniamo? Cosa è vero e cosa è giusto? E soprattutto, quale tortura, - per contrappasso - infliggere allo spammer che ci ha intasato l'email?).

Insomma, l'Internet come dimensione dove tutto e il contrario di tutto viaggiano fittamente intrecciati, a velocità sempre più elevate, lasciando agli individui ed agli utenti finali di vagliare e di setacciare cosa sia per loro, per loro solo e per il loro solo e proprio computer/terminale/punto/nodo di rete: buono o cattivo, giusto o sbagliato, legale o illegale, opportuno o inopportuno. Dal punto di vista storico, filosofico e sociologico, i detrattori amanti delle definizioni e delle "rassicuranti" categorizzazioni hanno buon gioco a confondere la causa con gli effetti, quando analizzano il fenomeno dell'Internet, arrivando addirittura a definire e bollare certe manifestazioni-rappresentazioni non come aneliti e conseguenze della natura umana (quali possono essere la curiosità, la libertà e la conoscenza) bensì come espressioni di "insopportabile" ed intollerabile anarchia.

Per costoro, infatti, sembrerebbero concretamente "materializzarsi", attraverso la Rete, le idee e le utopie di quella mutua cooperazione teorizzata da Pierre-Joseph Proudhon [6] e di quella rivoluzione teorizzata da Michail Aleksandrovi? Bakunin [7] con lo Stato, il capitale e la borghesia mondiali attaccati e messi sotto assedio da un proletariato agguerrito, informatizzato ed autogestito.

Al di là di un più o meno dotto e anacronistico tentativo di ricondurre all'attualità od adattare categorie di pensiero e di linguaggio che appartengono ormai al passato millennio, è innegabile, invero, che gli informatici ed i tecnici siano sempre stati abbastanza allergici a qualsivoglia codifica che non fosse segnatamente ed esclusivamente hardware o software. Ma non certo per motivi ideologici quanto piuttosto per la natura ed il crogiolo stesso dove ha iniziato a formarsi ed evolversi il nuovo mondo digitale.

Un crogiolo ed un ambiente dove il diritto e le norme giuridiche erano corpi estranei e non pertinenti alla scoperta di innovativi sistemi e sinapsi elettroniche, anzi erano percepiti come certa scienza percepisce la fede e la religione ovvero come degli ostacoli all'esplorazione stessa. Paradigmatica, in tal senso, la connotazione ed il diverso significato che ha assunto in un lasso di tempo insolitamente breve il termine Hacker [8].

Quanto costruito e posto a fondamento della odierna società dell'Informazione dai Cerf, dai Kahn, dai Postel, dai Berners-Lee, dalle RFC e dai "gentil uomini" tutti, oggi è diventato anziché fonte di vanto e di progresso, una fonte di manzoniane grida di dolore sull'assenza di regole e via scandalizzando.

Viene invocato da più parti un maggior controllo ed una diversa gestione nazionale ed internazionale, viene organizzato il WSIS ed i successivi Forum mondiali sull'Internet governance, attorno ai quali vengono agitati, accanto agli abusati spettri dei virus e dello spam, quelli della pedofilia, dei furti di identità digitale, della privacy, della sicurezza e di ogni sorta di diritto violato. Ironicamente, si potrebbe osservare e sintetizzare che l'Internet da attrattore strano [9] e sano della Teoria del Caos sembrerebbe essere regredito a causa della sua crescita indiscriminata e vertiginosa nel più classico e greve casino dato dalla Pratica umana. Tutto torna.

Quello di Internet sarebbe un modello anarchico di esaltazione della libertà e come tale utopico, dannoso e bisognoso di governo e di controllo da parte degli stati.... La tentazione, una pessima tentazione, cui molti han già ceduto, è quella di lasciar dire e fare alla politica ed a certi potentati che "tanto noi si va per la nostra strada".

A colpi di realpolitik (come il contentino dato all'AAMS italiana per censurare i siti di scommesse on line non autorizzate), di strappi tecnocratici e strilli ideologici, si finisce per regredire davvero e si riprende a parlare linguaggi diversi senza cogliere in tutta la loro evidenza i veri rischi involutivi cui la nuova società dell'Informazione va incontro.

Per quanti pruriti e crisi di orticaria possa provocare, è giunto il momento che i tecnici interagiscano in modo meno presuntuoso e più collaborativo con certi giuristi; ed è giunto il momento che i giuristi si facciano carico di proposte equilibrate per mantenere la neutralità e le potenzialità di sviluppo della Rete, rintuzzando le capziose motivazioni addotte da certi governi, da certe organizzazioni e da alcune multinazionali che vedrebbero volentieri il ritorno a vecchi sistemi economici, giuridici e sociali reintroducendo e diffondendo delle sotto reti chiuse e proprietarie (nelle quali è più facile intrappolare e tenere il proprio "parco buoi"), il controllo degli accessi, il ritorno ad una informazione intesa e gestita come potere da concentrare nelle mani di pochi e, più in generale, imponendo alla società globale il ritorno ad una cultura come privilegio ed appannaggio esclusivo degli abbienti e di chi può...

Un agguerrito zoccolo duro di pionieri dell'Internet, di loro eredi e di appassionati discenti, si è da tempo coagulato nell'ISOC, con l'intento di promuovere positivamente e attivamente la Rete, contribuendo ad affrontarne i problemi, ma anche con il tenace proposito di non vederla snaturata e sottratta alla collettività tutta.

Accanto a questi, innumerevoli altre associazioni di ogni ordine e grado si sono preoccupate e interessate a che l'Internet continui a svilupparsi "dal basso", rimanendo lo straordinario veicolo di conoscenza, di progresso e di diffusione od accessibilità dell'informazione che è stato sinora. Ciò nonostante, quella che in altre circostanze è sicuramente un punto di forza, ovvero la diversità e la pluralità di voci, in questa fase di delicata transizione si sta evidenziando come pericoloso limite per l'incapacità o indolenza ed insofferenza di formalizzare proposte unitarie e di non disperdere le energie in migliaia di rivoli ed iniziative diverse.

Ed è curioso osservare come si cerchi di delegittimare o tendere diplomatici tranelli proprio a quelle persone che la Rete l'hanno costruita, implementata, vissuta e voluta appassionatamente. Il riferimento, sia detto in modo ancora più esplicito, è a quel divide et impera cui tentano di giocare i centri di interesse e di potere politico-economici, sia a livello nazionale che internazionale, usurando pionieri, veterani, proseliti e veri appassionati dell'Internet in una battaglia difensiva ed in continue e sfibranti mediazioni al ribasso.

Non è questo il luogo per un trattato comparativo tra giusnaturalismo [10], positivismo giuridico, formazione dei protocolli di Rete tramite RFC, governance e government. Questa libera dissertazione rappresenta piuttosto un accorato appello sui passi avanti che servirebbero. Servono infatti nuove regole condivise, serve un organico corpus di consuetudini del diritto informatico e della Rete, serve un approccio interdisciplinare e multidisciplinare che non esuli dal funzionamento tecnico e dai protocolli ma che, piuttosto, lo supporti e lo integri.

Serve, per esempio, che i tecnici non pretendano di dare lezioni od imporre ai giuristi personali e fantasiose interpretazioni circa il diritto o la giurisdizione e serve che i giuristi non pretendano di stabilire quale sia il corretto funzionamento della Rete imponendo strumentali alterazioni al DNS. Serve, più d'ogni altra cosa, lasciare fuori ogni strumentalizzazione ed ideologia per capirsi a prescindere dagli argomenti, siano essi economici politici legali sociali culturali o tecnico-scientifici, arrivando a concordare ed a redigere le XII tavole [11] dell'Internet.

Quella attuale, per alcuni versi, ricorda una situazione speculare a quando i primi elaboratori non riuscivano a comunicare tra loro poiché ciascuno di essi aveva i rispettivi linguaggi macchina, hardware e sistema operativo. Se l'avvento in sordina e la diffusione del TCP/IP riuscì nel miracolo accertato di allora, possiamo ritenere non solo auspicabile, ma possibile, che questo miracolo di interoperabilità (o interdisciplinarietà, a seconda degli interlocutori) si verifichi anche in questo momento storico ed epocale in cui l'Internet di massa richiede fortemente l'apporto ed il contributo di giuristi specializzati e di norme che sanzionino gli abusi della libertà piuttosto che il suo legittimo anelito.

Molti non comprendono che abdicare ad un qualsivoglia intervento normativo significa rimetterlo all'arbitrio di legislatori ignoranti e di una classe politica impreparata. Viceversa, adoperando lo stesso modello collaborativo che è alla base della creazione, della diffusione e della libertà dell'Internet, potrebbe essere possibile partecipare ad una formazione consapevole e non imposta di norme che siano soprattutto di tutela, di promozione e non di affossamento di questa nuova era digitale.

In quest'ottica, un passaggio importante ed obbligato, che non potrà essere ignorato in sede di discussione all'Internet governance Forum che si tiene a Rio de Janeiro dal 12 al 15 novembre 2007, è quello della formazione. Spesso e giustamente si è richiamata l'attenzione al problema del Digital Divide e delle diversità linguistico-culturali, ma altrettanto importante e propedeutico alla soluzione di detti problemi è l'educare e l'introdurre, a partire dalle scuole occidentali prima ancora che da quelle dei c.d. Paesi in via di sviluppo, ai preponderanti vantaggi dati dai modelli collaborativi e cooperativi.

Non è un caso, infatti, se L'Unione Europea al suo VII Programma Quadro [12] (valido per il quinquennio 2007-2013) ha dato il titolo "Costruire l'Europa della conoscenza", varando quattro programmi fra cui il primo e più importante è dedicato alla cooperazione. Allo stesso modo non è un caso che nel contributo che state leggendo si siano voluti privilegiare, nelle note a piè di pagina, i riferimenti ed i collegamenti a Wikipedia, la celebre enciclopedia formatasi liberamente grazie alla collaborazione di milioni di persone in tutto il mondo.

Sul fronte della formazione, inoltre, si gioca anche la concreta possibilità di varare e soprattutto di diffondere e far rispettare, a livello mondiale, una sorta di Carta dei Diritti Digitali [13] oltre che dei Diritti dell'Internet. Poiché non vi è libertà senza conoscenza e consapevolezza, non vi potrà essere una diffusa adozione e rispetto di quei valori e di quei principi che sono già in un qualche modo espressi nella Carta dei Diritti dell'Uomo, ma che necessitano di una rivisitazione e di una specifica contestualizzazione per essere applicati alla e nella Rete.

L'attuale momento storico, che lo si creda o no, è di quelli epocali ed in Italia (ma non solo in Italia) lo si avverte particolarmente quando si osserva il grave stato di crisi in cui versano la politica, il diritto e l'economia.

Chi scrive, non pensa che il Re sia stato messo a nudo, ma anzi che ad essere messo a nudo (per colpa o per merito anche e soprattutto della società Internet) sia stato l'individuo, l'uomo occidentale, il bisogno, il disperato bisogno di tornare a relazionarsi, ad interagire e decidere per interessi meno egoistici e contingenti, di costruire qualcosa e ridare un senso al nostro vivere terreno. Si parla da più parte delle crisi occidentali: economica, morale, sociale e financo d'identità (con le oggettive radici giudaico-cristiane che diventano un concetto troppo "forte" per essere affermato).

Ed allora, perché quest'era digitale possa trasformarsi in un'era di vero e diffuso progresso è indispensabile "ripartire" investendo sulla formazione e sulla inculturazione, una educazione informatica, intrecciata alla dimenticata educazione civica, come base, come opzione concreta per arrivare a scelte, in un futuro prossimo e specie nell'ambito delle nuove tecnologie, che siano consapevoli, adottate spontaneamente per convinta diffusione e non per mera imposizione normativa. Fantascienza? Scenario limitabile esclusivamente a piccole comunità di Padri Pellegrini [14] ?

Prevenendo facili ironie o critiche materialistiche, l'invito è ad interrogarsi sul perché un numero decisamente rilevante di persone in tutto il mondo abbiano contribuito e continuino a riempire gratuitamente il web di contenuti, propri e non.

Per lo stesso motivo, nel tentativo di spiegare certi fenomeni, antichi e nati ben prima che qualche furbetto del marketing li brevettasse come Web 2.0 o qualche manager/giornalista rampante se ne servisse con odiate etichette tipo folksonomy e social engineering, e nel tentativo di illustrare, in conclusione, perché l'Internet deve rimane neutrale, deve rimanere libera, ma deve anche darsi delle regole giuridiche oltre che tecniche, si preferisce riportare qui le più autorevoli riflessioni di Immanuel Kant nella sua 'Critica della Ragion Pratica':

"Due cose riempono l'animo con sempre nuovo e crescente stupore e venerazione, quanto più spesso e accuratamente la riflessione se ne occupa: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Entrambe le cose non posso cercarle e semplicemente supporle come fossero nascoste nell'oscurità o nel trascendente, al di fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le collego immediatamente con la coscienza della mia esistenza. Il primo comincia dal luogo che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo nell'infinitamente grande, con mondi sopra mondi e sistemi di sistemi, e inoltre nei tempi illimitati del loro movimento periodico, nel loro inizio e nella loro continuità. La seconda comincia dalla mia invisibile identità, la personalità, e mi pone in un mondo che possiede vera infinità, ma di cui si può accorgere solo l'intelletto, e con il quale (ma grazie ad esso anche con tutti quei mondi visibili) io non mi riconosco, come là, in una connessione puramente accidentale, ma in una necessaria e universale. Il primo sguardo di una innumerabile quantità di mondi per così dire annienta la mia importanza, che è quella di una creatura animale, che dovrà restituire ai pianeti la materia da cui è sorta, dopo essere stata dotata per breve tempo (non si sa come) di forza vitale. Il secondo al contrario innalza infinitamente il mio valore, che è quello di una intelligenza, grazie alla mia personalità, nella quale la legge morale mi rivela una vita indipendente dall'animalità e anche dall'intero mondo sensibile, perlomeno quanto può essere dedotto dalla destinazione finale della mia esistenza attraverso questa legge, che non è limitata alla condizioni e ai confini di questa vita, ma si estende all'infinito. Però, stupore e rispetto possono sì spingere alla ricerca, ma non sostituirne la mancanza . ..." [15].

NOTE

[1] RFC ovvero “Request for comment”. Per saperne di più è possibile consultare il seguente documento in inglese: “The Internet Standards Process -- Revision 3” (http://www.ietf.org/rfc/rfc2026.txt) o la voce italiana “RFC” su “Wikipedia” (http://it.wikipedia.org/wiki/Request_for_Comments.

[2] L'International Organization for Standardization (http://www.iso.org).

[3] L'Internet Engineering Task Force (http://www.ietf.org/overview.html).

[4] Si tratta dell'Internet SOCiety fondata e voluta da Vinton Cerf e da molti padri fondatori dell'Internet (http://www.isoc.org).

[5] Si veda l'Interplanetary Internet Project: http://www.ipnsig.org/

[6] Conosciuto come il primo filosofo e politico definitosi anarchico, Proudhon sosteneva l'urgenza di realizzare una società senza autorità, perché nel principio di autorità sarebbe insito quello di sfruttamento.

[7] Considerato uno dei padri fondatori dell'anarchismo moderno (http://it.wikipedia.org/wiki/Michail_Bakunin)

[8] Vedasi la dettagliata e corrispondente voce su wikipedia al link: http://it.wikipedia.org/wiki/Hacker

[9] Concetto matematico che indica un insieme verso il quale evolve un sistema dinamico dopo un tempo sufficientemente lungo (http://it.wikipedia.org/wiki/Attrattore_strano).

[10] http://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_naturale

[11] http://it.wikipedia.org/wiki/XII_tavole

[12] http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/i23022.htm 13 Nel tentativo di studiare e stimolare i migliori contributi è stata costituita, nel corso del 2007, in Italia una nuova associazione, impostata come Working Group giuridico e denominata appunto Diritti Digitali (http://www.dirdig.org) che ambisce a proporre un approccio innovativo e soluzioni giuridiche più eque in questo ambito che ha ed avrà un crescente peso nella vita delle persone. 14 I Padri Pellegrini vengono tradizionalmente considerati i

[13] Nel tentativo di studiare e stimolare i migliori contributi è stata costituita, nel corso del 2007, in Italia una nuova associazione, impostata come Working Group giuridico e denominata appunto Diritti Digitali (http://www.dirdig.org) che ambisce a proporre un approccio innovativo e soluzioni giuridiche più eque in questo ambito che ha ed avrà un crescente peso nella vita delle persone.

[14] I Padri Pellegrini vengono tradizionalmente considerati i primi coloni del Nuovo Mondo (http://it.wikipedia.org/wiki/Padri_Pellegrini)

[15] Tratto dalla Ragione pratica, A 287-290, di Immanuel Kant.

Aspetti giuridici IGF 2007
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