- Una delle
caratteristiche della natura umana è la curiosità; questo
ci porta ad interessarci ad ogni novità; in qualche modo, poi, siamo
inclini ad attribuire virtù salvifiche a queste novità, quasi
una via d'uscita dalle limitazioni di noi piccoli bipedi implumi.
- Da qui nasce
la fiducia fideistica nelle virtù della tecnologia come panacea
di tutti i nostri malanni, personali e sociali.
- I mezzi di
comunicazione sono solo un esempio.
- Quando leggiamo
delle cose meravigliose che fa - o potrebbe fare - Internet per "aggiustare",
tra l'altro, i rapporti umani, sociali e financo politici della nostra
società, non si può non ricordare il libro di Tom Standage,
"The Victorian Internet":
non un romanzo distopico, quanto la storia del telegrafo e dei suoi effetti
sulla società del 19° secolo.
- C'erano le
stesse aspettative che noi abbiamo riposto nell'Internet, così come
simili erano le modalità di diffusione, riconducibili a pattern
analoghi gli effetti sull'industria ed il lavoro, addirittura quasi imbarazzanti
le similitudini nelle patologie (gli hacker, le truffe, ...).
- Se allora
il Potere capì per tempo l'importanza della nuova tecnologia e ne
assunse il controllo, nella nostra epoca molti si sono illusi che il nuovo
modo di comunicare reso possibile da Internet fosse davvero democratico
e libero.
- Per poi avere
contezza, finanche sui media generalisti grazie al whistleblower Snowden,
che la stessa tecnologia che abilita le comunicazioni interpersonali di
tutti con tutti a costo marginale, consente di raccogliere dati dettagliati
in enormi quantità e di distillarli automaticamente per estrarne
informazioni su tutti gli aspetti della nostra vita personale, sociale
e politica, tutto ad uso dei poteri costituiti o dei nuovi intermediari
del marketing.
- La tecnologia
non è, di per sé, né democratica né repressiva:
come un coltellino svizzero, può essere usata per scopi contrastanti,
sta a noi farne l'uso che riteniamo migliore, ma sempre rimanendo consci
dei suoi limiti e rischi.
- La tecnologia
che ha aiutato le varie Primavere Arabe a riempire le piazze è la
stessa che ha consentito alla NSA di raccogliere - ed usare! - quantità
sterminate di dati su tutti noi. Questo quaderno vuole studiare come può
la tecnologia di Internet portare a cambiamenti nei modi della politica,
senza aspettative salvifiche e senza preconcetti luddisti.
- Una comunicazione
"piatta" ed a costo trascurabile ci riporta, da un lato,
all'agorà della polis greca, ma dall'altro richiede di affrontare
la complessità intrinseca quando il villaggio - globale - è
composto di centinaia di milioni, anzi: di miliardi, di cittadini. Questo
porta al problema della complessità [1];
è quasi ironico che una delle tecniche utilizzate dagli ingegneri
della complessità si chiami "divide et impera",
che rimanda a Giulio Cesare, a Napoleone ed agli Asburgo, ritornando, quindi,
ancora una volta a parlare di politica.
- Far funzionare
le interazioni sociali del villaggio globale è difficile: non siamo
attrezzati a sufficienza, corriamo il rischio, in ogni momento della storia,
di finire per dipendere dalle strutture del potere, con tutto quanto questo
comporta.
- Una delle
prime "delusion" (in inglese significa illusione) di Internet
è stata quella che potesse essere il "Grande Disintermediario",
e questo si verificò in vari contesti, dai servizi di informazione
al commercio on-line, ben prima che qualcuno pensasse alle interazioni
con la politica.
- Ai tempi
della famigerata Bolla, sembrava che il ruolo del giornalista e del giornale
dovesse venire annullato, data la quantità di news che circolano
istantaneamente in rete, veicolate con strumenti diversi (tweet, mail,
blog, newsletter) e, soprattutto, in massima parte gratuite (o pseudo-gratuite)
e disintermediate.
- Ma il ruolo
del giornalista è rimasto fondamentale, non tanto per "dare
le notizie", quanto per essere filtro dell'alluvione di informazioni
in cui possiamo annegare e selezionare solo quello che è importante
per ognuno di noi in modo diverso.
- Ecco quindi
la necessità di autorevolezza e quindi, in pratica, un meccanismo
di delega basato su un contratto di fiducia: il tempo che guadagno non
raccogliendo direttamente le notizie ed il rapporto fiduciario con la firma
e la testata.
- L'esempio
di disintermediazione/re-intermediazione più eclatante è
quello che è avvenuto nel settore del e-commerce.
- All'inizio
sembrava che tutti avrebbero scambiato merci e servizi con tutti, qualunque
sperduto artigiano o contadino avrebbe fatto concorrenza alle grandi catene
di distribuzione...
- Non è
successo. In tutti i settori merceologici (turismo, elettronica, libri,
giochi, abbigliamento, musica, film) si è passati attraverso mutazioni
successive: la scomparsa degli intermediari tradizionali, la nascita di
una miriade di iniziative più o meno velleitarie, ed infine il consolidamento
di pochi nuovi intermediari globali.
- Accanto a
questi soggetti piccoli e piccolissimi hanno trovato solo uno spazio modesto,
con le loro nicchie di mercato e le loro "communities"
fedeli, grazie a quel fenomeno che va sotto il nome di "Long Tail"
[2].
- Se questo
scenario fosse applicabile alle interazioni politico-sociali, i possibili
futuri della edemocracy avrebbero una luce inquietante.
- È
facile identificare gli intermediari tradizionali della politica nei partiti,
per altro in Italia già messi in crisi dal passaggio dalla Prima
alla Seconda Repubblica e dal progressivo aumento della delusione per la
democrazia testimoniata dal "partito del non-voto".
- La fiducia
salvifica nelle virtù della Rete come "cura" della
democrazia è analoga al boom delle micro iniziative di e-commerce
dei tempi della bolla di Internet (2000).
- Ma chi saranno
i nuovi intermediari globali della politica?
- Può
stupire che tra i principi di Google [3]
ci sia anche un "Democracy on the Web works", ma l'idea
di un Google-partito - o di un partito-google - capace di percepire ed
incanalare gli interessi di tutti i cittadini connessi in rete, evoca più
scenari da Grande Fratello che da democrazia diretta, o liquida, o partecipata
che dir si voglia.
- Un altro
esempio di come siano cambiati i modi di interagire con la Rete, anche
questo con effetti inattesi sulla vita sociale e politica è il tema
dell'identità.
- Nella stagione
dell'innamoramento tra l'utente ed Internet vigeva il paradigma del "anonimato
assoluto", la Rete come una specie di "Grande Equalizzatore"
[4] che metteva
tutti sullo stesso piano, annullando - o comunque nascondendo - le differenze
tra gli individui, in modo da concedere a tutti le stesse opportunità
di intraprendere o di esprimersi.
- L'anonimato,
vero o presunto, ha consentito libertà di espressione, ma al tempo
stesso ha facilitato lo sviluppo delle patologie della Rete, dallo spamming
alla pirateria, alla diffamazione.
- Che non si
trattasse di un vero anonimato è stato tra i gridi di allarme degli
addetti ai lavori, fino a giungere ai giorni nostri, dove convivono entrambi
gli estremi: da un lato chi ha consapevolezza che tutte le tracce che lasciamo
in Rete possono essere raccolte ed utilizzate per individuare chi siamo
fin nei più personali ed intimi dettagli, dall'altra chi si affida
acriticamente ai social network, sia per esprimere il proprio pensiero
all'interno di una "community" considerata esclusiva e
riservata, sia per promuovere azioni di protesta e coordinamento in paesi
scarsamente democratici, illudendosi di essere protetti da un anonimato
che non esiste più.
- Volendo affrontare
il tema di questo quaderno, è quindi importante rivisitare il ruolo
dell'identità in Rete.
~
- Che identità
ha il cittadino della rete ovverosia il soggetto della "polis"?
- Questa domanda
è pre-giudiziale per fare valutazioni sulla democrazia ai tempi
di Internet.
- Oggi, chi
più chi meno, tutti sono cyber-cittadini che la rete pre-conosce
allorquando iniziano ad usare strumenti di e-democracy.
- Ovviamente
ogni individuo verrà valutato e potrà divenire un e-politico
sulla base del consenso che sarà capace di ottenere attraverso la
rete, anche se infine fosse solo interessato ad assumere informazioni e
sviluppare interazioni finalizzate al proprio singolo voto.
- È
vero comunque che ciascuno avrà certamente lasciato sulla rete una
quantità di tracce che nei decenni o secoli passati non erano assolutamente
disponibili, a meno di indagini segrete connesse a liste di prescrizione
o simili strumenti.
- Cosa penserà
quindi il cittadino che si espone agli strumenti di e-democracy sulla rete?
Innanzitutto vorrebbe che la propria immagine, al momento in cui si affaccia
alla polis, fosse vergine; e se così non è, vorrebbe essere
garantito di poter esercitare una correzione del proprio profilo come appare
dalle informazioni che lo riguardano reperibili in rete.
- Comunque
succede che il corpo dei potenziali votanti, interagendo con gli strumenti
di e-democracy, sarà portato ad essere sincero o meno, in una maniera
diversa da come si usava nella polis greca.
- Innanzitutto
i populismi avranno terreno fertile nel senso che dei leader spregiudicati
approfitteranno abilmente dei vantaggi delle comunicazioni da uno a molti,
della a-temporalità delle comunicazioni, che è diversa dal
contatto diretto del leader con la folla, come succede nei comizi, etc.
I leader poi lavoreranno per la loro memoria ovverosia per creare una immagine
stereotipata, possibilmente eroica, per consolidare il mito del capo.
- Voi direte:
ma tutto questo non esisteva già prima?
- Nella sostanza
sì ma è indubbio che Internet aiuta per la capacità
di ricordare, di contattare le persone sia in tempo reale che differito.
Allora sarà indispensabile propagare agli individui, ai leader ed
ai partiti una sana cultura sugli aspetti positivi e negativi nell'uso
della Rete nel fare politica, al fine di aiutare la politica ad essere
la più elevata delle arti del genere umano, come diceva Platone.
- Se i politici
non si comportano bene, sarà difficile per loro ottenere l'immagine
in rete che loro desidererebbero di avere, poiché la Rete ha memoria
lunga.
- Un tempo,
dopo le azioni, lo scritto aveva valore essenziale per i politici; oggi
ci si avvicina di più a svelare l'individuo come se si leggesse
nel pensiero, dato che si registra tutto, anche le espressioni che si usano
al bar, le cose che si dicono in assoluta sincerità con gli amici
attraverso intercettazioni telefoniche, i gusti personali sulla base di
quello che si compera con le carte di credito, con i siti che si visitano
con i motori di ricerca, etc.
- La privacy
è molto a rischio, con molte zone di ombra e conseguente incertezza
su chi è più a rischio. Che valori positivi e negativi ha
tutto questo per la polis odierna? Forse diventeremo tutti più sinceri
nell'esercizio della democrazia perché, come detto sopra, praticamente
"ci si legge nel pensiero"?
- Ai posteri
l'ardua sentenza.
~
- Prima di
lasciare la pagina agli autorevoli ed appassionati autori che hanno accettato
il nostro invito a confrontarsi su questi temi, ci sia consentito dedicare
due parole al titolo stesso di questo quaderno.
- Siamo partiti
dalla banale sensazione che la vocazione a predicare o aggettivare la "democrazia"
rilasci ancora l'insidia - che dovrebbe esser storicamente nota - delle
dicotomie prossime: che "democrazia diretta" e "democrazia
rappresentativa" si costituiscano, ancora una volta dopo l'ultima,
come ortodossia ed eresia, sunna e scia, norma e trasgressione:
insomma come funzioni di consenso, di poteri.
- Abbiamo proseguito
poi registrando la banale notizia che il gergo standard e-democracy surroga
e scambia, con destrezza, elettronica e internet:
i-democracy
- E visto che
l' interconnessione di reti ridisegna il sogno trascendente degli economisti
e la chimera immanente di ogni business (possiamo citare in ordine sparso:
un disponibile "mercato perfetto", una matriciale riproduzione
di servizi a mezzo di servizi, "the internet is for everyone")
avremmo potuto scegliere di disvelarne irrispettosamente la base materiale
di prassi:
$-democracy,
€-democracy
- oppure vigilare
sulla possibile degenerazione di un preciso luogo di teoria (dell'informazione:
ogni soggetto di comunicazione ne è terminale), da cui:
end-democracy
- Infine non
possiamo non rilevare che Internet è clamorosamente un laboratorio
di sviluppo le cui applicazioni sono spesso in prima generazione, e quindi
sarebbe meno presuntivo dichiarare criticamente che i modelli di delegazione
sono ancora in fase di test:
- Avevamo anche
pensato di formalizzare tutte queste problematicità:
"e-democracy?"
- Tutta accademia.
- Ogni accortezza
semantica distorce, per la precisione distorce le prospettive: non
a caso il design del quaderno tutto, come pure la composizione interdisciplinare
dei contributori, è in contrappunto fra l'aggiornamento di stato
su servizi/applicazioni civili, e la demitizzazione di qualche tenace slogan,
totem e tabù.
.
Agli albori,
era lecito confidare in uno scenario d' interconnessione più generoso.
Ma il caleidoscopio
di questo nuovo cannocchiale galileiano ha cominciato a ruotare - nulla
sarà più come prima - tutto vi si riposiziona come può
- e al solito come conviene: persone, modelli di relazione, e percezioni.
50 sfumature
di comunicazione umana.
NOTE
- [1] La
complessità cresce con il quadrato del numero degli elementi: per
una polis di 1000 cittadini le interazioni possibili sono 1 milione; per
una comunità di 1 milione di persone sono 1000 miliardi, per tutti
gli utenti di Internet sono -in teoria - 1 seguito da 18 zeri, "un
miliardo di miliardi".
- [2] Termine
coniato da Chris Anderson su Wired nel 2004. In soldoni, significa solo
che quando il costo della singola transazione è molto basso, la
distribuzione statistica delle transazioni sostenibili si allarga molto,
con una "coda lunga" in cui sono tantissimi soggetti che fanno
pochissime transazioni. In ogni caso quelli che ne fanno tantissime sono
sempre pochi!
- [3] http://www.google.com/about/philosophy/
- [4] Una
famosa vignetta (Peter Steiner, The Newyorker, 1993) mostrava un cane davanti
alla tastiera di un PC che pensa "On the Internet nobody knows you're
a dog".
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