- In uno
dei primi esperimenti di consultazione pubblica a livello nazionale promosso
nel nostro Paese hanno partecipato Napoleone e Nonna Papera.
- Era il
2012 e la consultazione, sul cosiddetto valore legale del titolo di studio,
era stata lanciata dal Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca
(MIUR) Francesco Profumo, su sollecitazione del Presidente del Consiglio
Mario Monti.
- Un errore
procedurale legato all’identificazione dei partecipanti tramite codice
fiscale ha trasformato la consultazione, aperta a tutta la cittadinanza,
in un esercizio quasi grottesco.
- Se dal
2012 a oggi qualcosa è stato fatto, molto rimane ancora da fare
per colmare il gap del nostro Paese nell’ambito della partecipazione dei
cittadini alla gestione della cosa pubblica.
- Quest’articolo
adotta una prospettiva sociologica nel riflettere sui meccanismi della
consultazione pubblica quale strumento principe della cosiddetta e-democracy.
- Le consultazioni
qui illustrate sono rivolte alla cittadinanza in senso ampio, e hanno lo
scopo di orientare le amministrazioni nei processi decisionali.
- Come ogni
forma di partecipazione politica, anche l’e-democracy richiede determinate
condizioni tecno-socio-culturali per funzionare al meglio e tradurre in
pratica l’ambizione all’inclusione e all’orizzontalità che promette
fin dal principio.
L’immaginazione
sociologica al potere:
La Rete tra vincoli
strutturali e agire umano
- Interpretare
in chiave sociologica la Rete e il suo potenziale partecipativo significa
sviscerare il contesto nel quale attori sociali e istituzioni agiscono
e negoziano le regole della Rete.
- Qui eserciterò
quella che il sociologo americano C. Wright Mills (1959) definì
“immaginazione sociologica”, mettendo in relazione questioni di natura
individuale e privata con la dimensione pubblica della Rete.
- Secondo
Mills, possiamo comprendere la condizione dell’individuo solo ponendolo
in relazione con il contesto della società in cui vive. Pertanto,
non possiamo capire l’individuo contemporaneo senza prendere in considerazione
le tecnologie di informazione e comunicazione, che sono componenti essenziali
della nostra società.
- Per un
sociologo, l’individuo è il prodotto di complesse relazioni sociali.
La tecnologia, agendo da ponte tra le vite private dei cittadini e la società,
forgia molteplici legami e scambi sociali. Un sociologo della Rete si interessa
pertanto alle relazioni sociali che la Rete sottende; guarderà alle
caratteristiche tecniche della Rete solo nella misura in cui queste facilitano
o limitano tali relazioni.
- Quali
relazioni sociali ospita la Rete?
- Vi troviamo
relazioni tra istituzioni, relazioni all’interno di un’istituzione, e relazioni
tra istituzioni e individui, che a loro volta sono parte di gruppi sociali
più ampi (Croteau et al., 2011).
- La Rete
assume significati distinti a seconda degli attori: comprendere questi
molteplici ruoli ci aiuta a sfruttarne meglio le potenzialità partecipative.
- Attraverso
l’immaginazione sociologica possiamo inoltre identificare due macro dinamiche
nell’universo della Rete: l’agire umano e la cosiddetta struttura, spesso
in contrasto.
- Mentre
la dimensione dell’agire umano indica azione volontaria e autonoma da parte
dell’individuo, la dimensione della struttura allude alla presenza di vincoli
all’agire umano.
- La struttura
rappresenta l’insieme delle regole riconosciute nella società che
caratterizzano il comportamento umano.
- Nel nostro
caso, la struttura si riferisce alla cosiddetta “governance di Internet”,
sia formale sia informale, ma comprende anche le aspettative e norme di
interazione sociale che regolano i rapporti interpersonali in Rete e nella
vita reale, compresi quelli legati ai meccanismi di e-democracy.
- Alla struttura
fa da contraltare la dimensione dell’agire umano, che deve fare i conti
con i vincoli strutturali. Infatti l’agire umano tende a riprodurre la
struttura sociale, fino a quando individui o gruppi sociali non la metteranno
in discussione: anche se la struttura limita l’agire umano, quest’ultimo
ha la capacità di alterarla.
L’evoluzione
della struttura:
La pubblica amministrazione
come piattaforma
- Quale
configurazione dovrebbero assumere le relazioni tra istituzioni e individui
al fine di creare terreno fertile per l’e-democracy, e le consultazioni
pubbliche in particolare?
- Quali
dinamiche potrebbero ridurre i vincoli strutturali al minimo, al fine di
stimolare l’agire individuale e collettivo?
- Un modello
in tal senso è offerto dal “governo 2.0” (O’Reilly, 2009), che pone
il cittadino al centro e lo stimola ad agire per il bene comune. Il governo
2.0 crea opportunità che sta al cittadino sfruttare: si tratta di
un’amministrazione pubblica “malleabile”, che fornisce strumenti e infrastrutture
leggere e accesso alle informazioni in mano allo Stato, lasciando libertà
d’iniziativa al cittadino.
- Il sito
data.gov del governo USA è un ottimo esempio di governo 2.0: dà
accesso a banche dati che il governo crea nell’adempimento delle proprie
funzioni amministrative, e che i cittadini possono usare per ideare servizi
di pubblica utilità.
- Lo Stato
diventa più trasparente, e promuove il ruolo attivo dei cittadini
nella gestione della cosa pubblica.
- La caratteristica
principale del governo 2.0 è la generativity (generatività),
vale a dire l’abilità di stimolare l’iniziativa del cittadino tipica
delle piattaforme open-ended, che, a partire da tecnologie di base, permettono
agli utenti di immaginare usi a volte non previsti dagli sviluppatori (Zittrain,
2008).
- A tal
proposito, potremmo parlare di “governo piattaforma”, o “governo a codice
aperto” (Slaughter, 2012): invece di inquadrare la partecipazione in meccanismi,
regole e cadenze, l’amministrazione pubblica si limita a fornire l’hardware
e il software per permettere ai cittadini di partecipare, dando loro la
possibilità di autorganizzarsi per il bene collettivo.
- Tale configurazione
richiede un cambiamento di prospettiva da parte delle istituzioni, ma si
alimenta anche di cittadini che reclamano una maggiore partecipazione e
trasparenza.
L’agire
umano al lavoro:
L’importanza
della spinta dal basso
- In Italia,
la spinta verso l’amministrazione-piattaforma è partita dal basso:
sono stati i cittadini a lanciare le piattaforme per il monitoraggio dell’amministrazione
pubblica, diventando i promotori di un lento processo di trasformazione
delle istituzioni.
- Spaghetti
Opendata, una rete di sviluppatori e attivisti dei dati aperti, ha creato
il progetto Monithon, una “maratona di monitoraggio” civico dei progetti
finanziati dalle politiche europee nell’ambito delle politiche di coesione
territoriale, che si alimenta dei dati aperti messi a disposizione da ministeri
e regioni.
- Spaghetti
Opendata ha lanciato anche TweetYourMEP, dove MEP sta per membro del Parlamento
Europeo: la piattaforma dà ai cittadini la possibilità di
comunicare direttamente con i propri rappresentanti attraverso Twitter,
un servizio di microblogging.
- Altri
gruppi, come il Partito Pirata e il MoVimento 5 Stelle, usano piattaforme
come LiquidFeedback, che coinvolgono la cittadinanza nei processi decisionali
interni.
- Questi
esempi di amministrazione-piattaforma made in Italy sono il risultato di
un incontro tra un’amministrazione più o meno convinta dell’importanza
del coinvolgimento dei cittadini e una comunità agguerrita di “civic
hackers”.
- Civic
hacking fa riferimento ad un approccio creativo alla risoluzione di problemi
di carattere civico e portata comunitaria.
- Spesso
i civic hackers sono programmatori, ma non mancano gli appassionati di
trasparenza e cambio sociale.
- Di frequente
organizzano “hackathons”, eventi di uno o più giorni in cui si risolve
collettivamente un problema.
- Le hackathons
pongono l’accento sulla conoscenza locale e la costruzione di comunità,
e funzionano da volano di processi virtuosi di impegno sociale. Questi
esempi rientrano nella categoria di strumenti di e-democracy in senso lato.
- L’entusiasmo
e l’autorganizzazione al livello della cittadinanza sono fondamentali per
il fiorire di esperimenti innovativi di dialogo tra cittadini e istituzioni.
- Per quanto
riguarda l’e-democracy in senso stretto, ad esempio le consultazioni pubbliche,
l’iniziativa rimane nelle mani dell’ente pubblico: pur alimentandosi della
presenza di una società civile assettata di partecipazione, il cambio
di passo deve partire dalle istituzioni.
Il
peso delle regole:
le
consultazioni pubbliche come patto tra amministrazioni e cittadini
- Le consultazioni
pubbliche permettono ai cittadini di dire la loro in maniera trasparente
e non filtrata, moltiplicando le possibilità di esprimere la propria
volontà oltre al meccanismo cadenzato del voto.
- Si tratta
di forme di democrazia diretta comunemente costituite da sondaggi in Rete,
ai quali i cittadini partecipano su base volontaria.
- Si differenziano
da forme di partecipazione su base elettorale quali i referendum: solitamente
le preferenze espresse dai cittadini non sono vincolanti, e l’auto-selezione
dei partecipanti non conferisce alla consultazione valenza statistica e
rappresentativa delle preferenze dell’intera società. Gestire consultazioni
pubbliche non è solo una questione di strumenti o tecnologia, ma
è soprattutto una questione di cambio di prospettiva.
- Se da
un lato le tecnologie digitali sono in grado di cambiare il gioco della
politica, i software saranno innovativi se e solo se a cambiare sarà
l’approccio globale verso la questione democratica.
- Esercitando
l’immaginazione sociologica, si tratta di una modifica dei vincoli strutturali
da parte dell’agire umano, vale a dire una metamorfosi delle convenzioni
che regolano i rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione. Inoltre
il necessario cambio di visione coinvolge due tipi di relazioni sociali:
da una parte, le relazioni all’interno dell’istituzione (la pubblica amministrazione),
e dall’altra, il rapporto tra istituzioni e individui e gruppi sociali.
- Perché
il collegamento con le istituzioni di partecipazione democratica come il
Parlamento sia presente ed efficace, l’azione dei cittadini innovatori
deve trovare un riscontro istituzionale. Servono tre ingredienti fondamentali:
nuovi valori, nuove risorse, e nuove regole.
- Occorrono
nuovi valori: una cultura nuova della trasparenza e del bene comune, un’educazione
al monitoraggio costante e all’approccio critico verso la cosa pubblica,
e un allenamento alla partecipazione (da parte dei cittadini) e all’ascolto
(da parte dei governanti).
- È
un cambiamento culturale di portata epocale che va promosso a livello centrale,
ma che si alimenta dell’interesse dei cittadini.
- La consultazione
pubblica si basa sulla nozione del “citizen expert”, vale a dire il cittadino
esperto la cui opinione può contribuire al miglioramento delle politiche
pubbliche in quanto si fonda su conoscenze derivate da esperienze dirette.
- Servono
poi nuove risorse, e in questo processo le istituzioni hanno un ruolo fondamentale
da giocare, aprendo l’accesso all’enorme quantità di dati che detengono,
e fornendo piattaforme accessibili. Infine, servono nuove regole che disciplinino
l’interazione tra istituzioni e cittadini, e funzionino anche da strumento
educativo.
- Si tratta
di due tipi di regole: quelle rivolte ai cittadini, perché sappiano
cosa possono aspettarsi dal rapporto con le istituzioni, e regole rivolte
all’amministrazione pubblica, in modo che venga educata e obbligata ad
ascoltare, fornire risposte, e prendere sul serio il coinvolgimento dei
cittadini, uscendo dalla logica della mera ricerca del consenso.
- In altre
parole, le consultazioni pubbliche devono essere sostenute da un patto
tra la pubblica amministrazione e i cittadini. Tale patto definisce le
regole dell’interazione tra le parti, impegnando entrambe a rispettare
regole di buona convivenza.
- Il patto
deve essere consultabile, ma è suscettibile di miglioramenti nel
tempo, per riflettere la tecnologia che cambia e i bisogni in evoluzione
di Stato e cittadini.
- Come tutti
i patti, deve servire a futura memoria, ed essere uno strumento di accountability
e monitoraggio nelle mani dei cittadini, i quali possono chiedere conto
alle istituzioni delle loro azioni.
- Deve infine
funzionare da strumento di educazione della stessa pubblica amministrazione,
affinché ricordi che la partecipazione è un esercizio di
ascolto che richiede volontà e dispiegamento di risorse.
- Questo
patto tra istituzioni e cittadini era stato inaugurato su scala nazionale
dal governo Monti sotto l’egida del MIUR, con l’introduzione di un decalogo
di linee guida per la pianificazione e la gestione delle consultazioni
pubbliche (consultazionepubblica.gov.it/ code-for-practice).
- Il decalogo
è uno strumento di educazione e di regolamentazione: da una parte
regola il meccanismo delle consultazioni, impegnando sia il cittadino che
l’istituzione a rispettare dei requisiti di base, dall’altra promuove un
cambiamento culturale nella gestione della cosa pubblica.
- L’esperimento
è stato purtroppo abbandonato, e nella consultazione sulle riforme
costituzionali promossa dal governo Letta (http://www.partecipa.gov.it)
non se ne fa menzione.
- Esistono
alcuni modelli virtuosi: la piattaforma TuParlamento, sostenuta da un gruppo
di parlamentari di diverse formazioni politiche e che permette ai cittadini
di avanzare proposte al Parlamento, si basa su un “patto partecipativo”,
in virtù del quale i parlamentari che aderiscono si impegnano a
dare un seguito e ad fornire aggiornamenti sulle “proposte-petizione”.
- In conclusione,
promuovere la partecipazione dei cittadini al tempo della Rete significa
comprendere che la partecipazione è al tempo stesso trasparenza,
dialogo, ecosistema, e sperimentazione.
- È
trasparenza, perché, come la Rete che è caratterizzata da
architettura e standard aperti, si regge su un sistema malleabile che ha
la capacità di migliorare infinitamente.
- È
dialogo, in quanto la partecipazione che promuove è una comunicazione
bidirezionale che presuppone ascolto e un ruolo attivo da entrambe le parti.
- È
ecosistema, in quanto per incoraggiare la partecipazione bisogna creare
terreno fertile e offrire risorse su cui gli utenti possano “costruire”:
servono piattaforme ma anche azioni specifiche con adeguata copertura finanziaria.
- È
infine sperimentazione: in una fase di passaggio tra vecchio e nuovo come
quella che stiamo vivendo, pubblica amministrazione e cittadini devono
abbracciare l’incerto e lo sperimentale, procedendo per prove e errori.
È un processo di apprendimento complesso ma condiviso, che richiede
pazienza e determinazione nel cercare le soluzioni migliori.
Bibliografia
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