- Se, come
ormai unanimemente si riconosce, Internet ha profondamente cambiato il
volto della società, è penetrato in ogni sua articolazione,
non è possibile affrontare il discorso sulla e-democracy riferendosi
soltanto alle relazioni propriamente politiche.
- Se siamo
davvero di fronte all’avvento di una società della sorveglianza
globale grazie all’uso delle tecnologie elettroniche, come viene con forza
sostenuto da Zygmunt Bauman e David Lyon nel loro dialogo intitolato in
Italia “Sesto potere”, bisogna partire da una analisi che affronti la radicalità
del contrasto tra questa forma sociale e le libertà democratiche.
- Se viene
messa in discussione la net neutrality, ancora una volta è indispensabile
interrogarsi sui rischi per la democrazia del trasferimento nella dimensione
del Web delle logiche della diseguaglianza, ormai pervasive, che hanno
messo in discussione uno dei principi fondativi dello Stato democratico.
- L’insieme
di questi fattori, e di altri che potrebbero aggiungersi, mostra con chiarezza
il modo in cui la questione democratica si distende sull’intero spazio
individuato, e unificato, dalle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione.
- Uno spazio
pubblico di ampiezza senza precedenti, sottratto alla logica dei confini
e all’antica tirannia del tempo, e che ha reagito sulla percezione e l’organizzazione
dello stesso spazio privato.
- Muovendo
da questa premessa, non si deve certo procedere in modo indistinto, senza
analizzare ogni questione secondo le sue particolarità.
- Ma le
connessioni devono sempre essere tenute presenti, perché fanno emergere
altri due essenziali aspetti del problema, legati alla distribuzione del
potere, dunque al cuore della questione della democrazia.
- Si parla
abitualmente di “Big Data” e “Over the Top”, espressioni che descrivono
il concentrarsi delle informazioni in grandi agglomerati e del potere in
poche mani.
- La domanda,
a questo punto, riguarda inevitabilmente la possibilità di esercitare
forme di controllo su queste nuove realtà e soggettività,
come vuole la logica della democrazia.
- Si può
considerare, ad esempio, la vicenda di Wikileaks, che non può essere
valutata con la schema tradizionale della fuga di notizie. Qui siamo di
fronte ad un intreccio che fa emergere il diritto di sapere come essenziale
strumento di controllo di un esercizio altrimenti opaco del potere.
- Ma il
punto forse più rilevante è rappresentato dalla nuova legittimazione
di questo tipo di iniziative che, in concreto, si riferiscono a grandi
raccolte di informazioni che, proprio per le loro caratteristiche e la
loro sia pure selettiva accessibilità, vengono sempre più
considerate come una realtà “di appartenenza sociale”, sì
che il metterle a disposizione di tutti non è percepito come l’effetto
di una violazione, bensì come un loro uso conforme alla natura sociale
che hanno ormai sostanzialmente assunto.
- Il secondo
problema nasce proprio dal fatto che Internet ha prodotto una straordinaria
democratizzazione della conoscenza, per quanto riguarda la quantità
dell’informazione disponibile e la sua accessibilità, e per quanto
riguarda il trasferimento a tutte le persone del potere di divenire esse
stesse produttrici di questa conoscenza.
- Proprio
questo dato democratico deve essere salvaguardato, in particolare evitando
che la conoscenza disponibile sul Web possa essere oggetto di “chiusure”
determinate da una pura logica di mercato o da iniziative censorie.
- E questo
implica, da una parte, la necessità di considerare tale conoscenza
come un bene comune, un bene pubblico globale, con effetti evidenti su
categorie giuridiche tradizionali come il diritto d’autore e il brevetto.
Dall’altra, si stabilisce un nesso strettissimo con la libertà di
manifestazione del pensiero e con il diritto di costruire liberamente la
propria personalità, che fa emergere diritti nuovi, come quello
all’oblio e all’anonimato.
~
- Si può
ben dire che lo sguardo democratico deve illuminare il Web nel suo insieme.
Un dato di realtà, questo, che è divenuto via via più
evidente con il passaggio al Web 2.0, non a caso identificato con le reti
“sociali”, che rendono possibili sistemi di relazioni più libere
e orizzontali sia nella sfera privata che in quella pubblica.
- Conosciamo
l’enfasi che ha accompagnato le vicende riassunte nella formula delle “primavere
arabe”, a proposito delle quali è stato particolarmente sottolineato
proprio il ruolo giocato dalle reti sociali, tanto che qualcuno è
giunto a chiedere il riconoscimento dell’uso di Facebook come diritto fondamentale
della persona.
- Posizioni
estreme a parte, è indubbio che si sono arricchite le possibilità
di azione organizzata, non solo e non tanto dal punto di vista quantitativo,
quanto piuttosto per la qualità dei soggetti che sono ormai in grado
di articolare in modo nuovo le relazioni sociali e, insieme, di dar vita
a forme variegate di azione politica individuale e collettiva, sia riproducendo
il modello delle manifestazioni pubbliche di massa, riservato in passato
solo a grandi soggetti (partiti, sindacati, Chiesa), sia innovando profondamente
proprio la presenza delle persone sulla scena pubblica.
- Continuando
a usare sempre più intensamente la tecnologia, la vita esce dallo
schermo e invade, in modo nuovo, l’intero mondo, ridefinisce la sfera pubblica
e quella privata, e progressivamente disegna una redistribuzione dei poteri.
- Ma questa
è una vicenda cominciata prima che le reti sociali mutassero il
panorama.
- Si può
dire che la novità divenne visibile per tutti il 30 novembre 1999,
a Seattle, in occasione della grande manifestazione contro il WTO, l’Organizzazione
mondiale del commercio.
- Quella
manifestazione non sarebbe stata possibile senza la Rete, che mise in contatto
gli attivisti e identificò le modalità dell’azione.
- Ma assunse
significato e forza quando uscì dalla piazza virtuale e si materializzò
in quella reale, nelle strade di Seattle, dove i manifestanti bloccavano
i delegati e impedivano loro di raggiungere il Convention Center, luogo
della riunione.
- E quel
fatto divenne patrimonio comune quando le immagini vennero diffuse in tutti
gli angoli del mondo da un mezzo “maturo”, che veniva dal passato, la televisione
generalista.
- Una vicenda
per molti versi analoga può essere ritrovata proprio nelle primavere
arabe, anche se alcuni suoi protagonisti, gli stessi bloggers, hanno messo
in evidenza il rischio di una sopravvalutazione del ruolo della Rete, sottolineando
come la rivolta fosse cominciata con manifestazioni di lavoratori, che
certo non avevano la disponibilità di twitter, e che il movimento
era continuato anche dopo che Mubarak aveva bloccato le comunicazioni.
- La Rete,
in sostanza, avrebbe avuto piuttosto il ruolo di diffondere il messaggio
proveniente dalle manifestazioni popolari, mostrando quello che già
stava avvenendo nel mondo reale.
- Questo
rovesciamento dei ruoli, tuttavia, non ridimensiona il ruolo delle reti
sociali.
- Ne mostra,
piuttosto, le sfaccettature e, più che i limiti, le modalità
con le quali si inseriscono nel contesto sociale complessivo. In sostanza,
gli effetti politici delle iniziative in Rete sono ancora fortemente dipendenti
dal modo in cui esse si concretizzano nel mondo reale.
- Senza
le centinaia di migliaia di persone presenti in pazza Tahrir, e decise
a non abbandonarla fino al momento delle dimissioni di Mubarak, la caduta
del regime non sarebbe avvenuta.
- Al tempo
stesso, però, la forza di quella piazza si dimostrava sempre più
nettamente legata alla sua permanente rappresentazione planetaria, garantita
dall’intero sistema dei media. Il mondo nuovo della Rete, l’uso massiccio
di Internet, dunque, non possono essere rappresentate come una discontinuità
radicale, come l’entrata in una dimensione nella quale non si ritrovano
più tracce del passato.
- Si può
ben sostenere che stiamo vivendo una fase di transizione, dove il nuovo
fatalmente deve convivere con il vecchio, di cui tuttavia trasforma il
significato.
- Basta
pensare ad un fatto, comune ai più diversi paesi, che riguarda proprio
quello che può essere chiamato il rapporto tra luoghi virtuali e
luoghi reali. Accade sempre più spesso che l’attivismo in rete avvii
pure una fase ulteriore, rappresentata proprio da riunioni “fisiche” tra
le persone interessate.
- E, in
generale, si deve sottolineare come le piazze, luogo storico della comunicazione
politica, svuotate dalla televisione, siano state di nuovo riempite grazie
appunto al ruolo giocato dalle reti sociali. Questi dati di realtà
mettono in evidenza “la relazione positiva tra partecipazione online e
offline”.
- Le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, nelle loro variegate modalità,
non emergono in una situazione di discontinuità radicale con i media
tradizionali, di cui prendono il posto.
- Christian
Vaccari ha sottolineato che esse “si evolveranno piuttosto come parte di
una creativa multipiattaforma di siti che congiungeranno le possibilità
della televisione e l’indipendenza investigativa del giornalismo con la
velocità, la grafica, l’interattività e la capacità
di informazione aperta delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”.
~
- Queste
riflessioni consentono di andare oltre alcuni criteri interpretativi della
“qualità” della democrazia elettronica che vedono anche il ritorno
di schemi che sembravano ormai abbandonati e che, invece, sono ricomparsi
in particolare nel dibattito italiano.
- Conosciamo
una discussione fatta di contrapposizioni radicali tra prospettazioni ritenute
tra loro incompatibili.
- Democrazia
diretta contro democrazia rappresentativa; socialismo elettronico contro
fascismo digitale, fino all’identificazione della democrazia elettronica
come la forma congeniale al populismo dei ventunesimo secolo, evocando
rischi antichi e nuovi attraverso il ricorso a parole del passato, come
“iperdemocrazia”, o più legate alle analisi dell’oggi, come “ultrademocrazia”.
- Per non
rimanere prigionieri di questi schemi, è indispensabile ricordare,
ancora una volta, che siamo di fronte a processi caratterizzati dal combinarsi
di una molteplicità di fattori e che non sono riducibili al solo
momento della decisione, come accade quanto l’accento è posto quasi
esclusivamente sulla generalizzazione della logica referendaria.
- Se il
punto di riferimento è rappresentato, come deve essere, dalla partecipazione,
il potere d’intervento delle persone deve distendersi sull’intero processo,
che parte dalla disponibilità delle informazioni necessarie per
valutarle criticamente, la progettazione, la individuazione di modalità
di intervento nei processi prima della decisione finale, l’intervento nella
decisione.
- Questa
sequenza si traduce in un potere di “concorrere con metodo democratico
a determinare la politica nazionale”.
- Quelle
appena citate sono le parole adoperate dall’articolo 49 della Costituzione
a proposito dei partiti politici.
- Sono trasferibili
nella dimensione del Web, in particolare per quanto riguarda il riferimento
al metodo democratico?
- Per affrontare
questo interrogativo, si deve tenere ben presente il fatto che proprio
la Rete rende disponibili una molteplicità di vie attraverso le
quali essere presenti nello spazio pubblico e intervenire nei processi
politici, che possono corrispondere anche a forme organizzative variamente
definibili come gerarchiche, se non intimamente autoritarie.
- Basta
questo connotato per escludere la rilevanza di qualsiasi indicazione che
provenga da gruppi così strutturati?
- Evidentemente
no, visto che la discussione pubblica si nutre di ogni contributo individuale
o collettivo, quali che siano le modalità della sua messa a punto.
- Altra
questione, invece, è quella della legittimazione, in primo luogo
sociale, della partecipazione al dibattito pubblico, che non può
essere tutta autoreferenziale, nel senso che il semplice fatto di provenire
dalla Rete attribuirebbe un plusvalore che consente di prescindere dal
metodo democratico.
- Si tratta,
evidentemente, di una questione assai impegnativa, e che può presentare
ambiguità, ma che emerge con particolare nettezza quando si va oltre
la registrazione dell’esistenza delle reti sociali e si riflette sul passaggio
dalla presenza sociale alla presenza civica, che sta poi a fondamento della
necessaria distinzione tra reti sociali e reti civiche.
- Senza
guardare a questa distinzione come ad una separazione tra due mondi, queste
ultime, a differenza delle reti sociali alla cui origine v’è il
fine dello sfruttamento economico delle relazioni tra persone, sono state
esplicitamente progettate per i processi di partecipazione dei cittadini
alla vita politica, secondo una logica paritaria, trasparente e controllabile,
dunque intimamente democratica.
- Parlare
di democrazia elettronica, allora, esige una attenzione sempre più
intensa per questo suo modo di organizzazione che, al tempo stesso, mostra
la inadeguatezza di una impostazione che muova dalle contrapposizioni appena
ricordate.
- Come sempre
accade quando si discute di democrazia, anche in questo caso, bisogna essere
attenti alle sue precondizioni.
- Che sono
molte, e vanno dal digital divide alle modalità dell’accesso, da
ciò che è liberamente accessibile all’uso che altri fanno
delle informazioni raccolte. Qui s’incontrano molte questioni, quella degli
open data e l’altra, essenziale, delle logiche che stanno a fondamento
dell’agire in Rete.
- Assistiamo,
infatti, ad una conformazione dello spazio pubblico che tende a privilegiare
il primato degli interessi legati alla sicurezza e al mercato, sì
che quello spazio finisce con l’essere ridotto e la sua misura diventa
quella di una trasformazione delle persone da soggetti attivi, dotati di
autonomia, in puri oggetti di poteri esterni.
- S’innesta
qui la questione dei diritti individuali e collettivi, spesso riassunti
intorno alla parola privacy che, in concreto, rinvia alle condizioni dell’agire
libero da costrizioni e controlli.
- Le molte
certificazioni della “morte della privacy”, con l’argomento che ad essa
non corrisponderebbe più alcuna rilevante motivazione sociale e
politica, in sostanza si traduce nella pubblica dichiarazione secondo la
quale, avendo la persona rinunciato alla tutela dei suoi dati, questo devono
essere considerati come legittima proprietà degli organismi di sicurezza
e dei grandi raccoglitori privati.
- Forzatura
evidente, come ha dimostrato la planetaria resurrezione della privacy dopo
la rivelazione del modo d’agire della National Security Agency (ma davvero
era necessaria questa “scoperta” per sapere come agiscono alcuni Stati?).
- Proprio
il ritorno di questa consapevolezza, tuttavia, rende necessario affrontare
concretamente le regole sulla legittimità delle raccolte pubbliche,
le modalità del controllo sociale su poteri come quello incarnato
da Google (che non a caso comincia ad essere considerato nell’ottica di
una nuova versione del servizio pubblico), l’attribuzione della possibilità
di far sentire la propria voce agli abitanti della terza nazione del mondo,
Facebook.
- La democrazia
è legata alla salvaguardia di un Open Web, che deve essere continuamente
reinventata, opponendosi ad ogni forma di appropriazione o censura e riportando
al centro della discussione lo strutturarsi del Web in forme decentrate.
Inseparabile dai diritti, nei quali trova il suo più solido fondamento,
la democrazia elettronica deve costruire la propria dimensione costituzionale.
- Si possono
qui ricordare norme e proposte riguardanti il riconoscimento dell’accesso
a Internet come diritto fondamentale della persona.
- Più
in generale, è da lungo tempo che si lavora intorno ad un Internet
Bill of Rights. Temi, entrambi, ai quali l’Internet Governance Forum Italia
ha da sempre dedicato una intensa e talvolta anticipatrice attenzione.
- La forza
delle cose rende sempre meno solido il ricorso ad argomenti che vogliono
mettere in evidenza il contrasto tra queste proposte e la natura di Internet,
o comunque la loro inutilità. Qui non è certo possibile ripercorrere
una discussione ben nota.
- Ma forse
vale la pena di segnalare la posizione di Tim Berners-Lee, che già
si era schierato, in contrasto con l’opinione di Vint Cerf, a favore del
riconoscimento del diritto di accesso a Internet, considerandolo come l’accesso
all’acqua. Si fa ora paladino di una Magna Charta per Internet.
- Una conferma
significativa della via da seguire per mantenere e consolidare la democrazia
elettronica.
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