HAPPY BIRTHDAY INTERNET SOCIETY !

CAPITOLO III "IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA EVOLUZIONE DI INTERNET "

3.4 UTENTI E FORNITORI DI SERVIZI

20 anni di storia [di parte] del software libero in Italia
20 years of [an aspect of] the history of open source software in Italy
Angelo Raffaele Meo
  • Questa storia, che è di parte non soltanto per ragioni ideologiche, ma anche perché limitata agli eventi che dal mio ristretto angolo visuale ho avuto l'opportunità di osservare, inizia esattamente 20 fa, quando fui nominato direttore del Centro di Supercalcolo del Piemonte.
  • Invero non ero entusiasta di quell'incarico, perché il primo compito del CSP era la gestione di un supercomputer Y/MP di CRAY ed io ero stato molto contrario a quell'enorme spesa.
  • Avevo anche scritto su Media 2000 un articolo dal titolo eloquente: "Un elefante per schiacciare le noci''.
  • In quell'articolo spiegavo che un elefante è così sensibile da essere in grado di schiacciare le noci, ma è troppo costoso per quel compito che può essere affidato molto più economicamente a schiere di scoiattoli.
  • Nella sostanza, temevo che la "supercazzola'', come la chiamavo io, fosse stata un'opportunità di businnes per qualcuno e non fosse utile in misura adeguata al suo costo.
  • Fu il presidente della Regione, Gian Paolo Brizio, a convincermi ad accettare l'incarico, spiegandomi che il nostro compito non era tanto la gestione del supercalcolatore, quanto l'apertura di una "finestra sul mondo affascinante dell'informatica''.
  • Così accettai e fui subito felice della mia scelta, che si rivelerà poi un'esperienza indimenticabile, in virtù soprattutto delle qualità umane e professionali dei collaboratori che mi assegnarono.
  • Subito ci innamorammo di INTERNET, a cui dedicammo molte risorse fino a divenire, qualche anno dopo, il quarto Internet Provider italiano.
  • Coinvolgemmo anche personale esterno. Ad esempio, mia figlia Roberta, da me adeguatamente prezzolata, passava le domeniche pomeriggio a trasmettere a tutto il mondo, in tempo reale, le notizie sportive italiane, utilizzando uno strumento, chiamato "Gopher", che diventerà un paio di anni dopo il padre dei browser.
  • Anche dall'Australia ci giunsero messaggi di ringraziamento per quel lavoro.
  • Un paio di anni più tardi, in Olivetti, installammo a bordo di un personal computer della linea Echos un emulatore di modem e il software necessario per ottenere la connessione ad un Internet Service Provider. Col solo costo del cavetto necessario per collegare il personal computer alla presa telefonica si poteva ottenere la connessione automatica ad Internet.
  • Nella primavera del '95 mostrai il prototipo ai progettisti dell'Olivetti, insieme alle funzionalità di navigazione sul primo browser di quei tempi e alla connessione in tempo reale con mia figlia Michela, che era ospite di una Università americana.
  • I responsabili del progetto della nuova linea di computer rimasero entusiasti e decisero di portare la proposta all'amministratore delegato.
  • Avrei voluto discuterla personalmente, ma mi spiegarono: "Ci sono tre modi per rovinarsi. Il più piacevole è con le donne, il più rapido con il gioco, il più sicuro con gli ingegneri".
  • La risposta che arrivò dall'amministratore delegato, o da qualche suo collaboratore -non so-, fu lapidaria: "Non c'è futuro per Internet".
  • Fu Roberto Borri, il leader dei bravissimi giovani che collaboravano con me, il primo a parlarmi della rivoluzione del software libero.
  • Era logico che un innamorato di Internet si innamorasse anche del software libero. Infatti Internet può essere considerata come la madre e la figlia del software libero: la madre, in quanto Internet ha reso possibile la creazione delle comunità di sviluppatori; la figlia, in quanto il principio della condivisione del sapere che è alla base del lavoro di IETF è lo stesso che caratterizza il software libero.
  • L'entusiasmo mi indusse a proporre un programma nazionale di ricerca al Ministro dell'Università e della Ricerca Luigi Berlinguer.
  • Feci circolare il mio dotto documento, che fu molto criticato da un personaggio leggendario del software libero italiano, Alessandro Rubini.
  • Questi aveva iniziato a lavorare su Linux e i suoi driver nel 1994, subito dopo la laurea conseguita presso l'Università di Pavia, ma non fu il primo a occuparsi di software libero in Italia, essendo stato preceduto di pochi mesi dal progetto Pluto di Franco Bombi e Giuseppe Zanetti dell'Università di Padova.
  • Comunque, il suo lavoro è stato fondamentale dal duplice punto di vista scientifico-tecnico e politico-organizzativo.
  • Alessandro criticò il mio progetto soprattutto per la scarsa enfasi data all'importanza del codice sorgente e per la confusione dei concetti di "freeware" e "free software", ossia per aver ignorato il sacro principio di Richard Stallman: "Free as in free speech, not as in free beer".
  • Il guru pavese aveva ragione. Così, mi impegnai a fondo nello studio e nel 2001, insieme alla collega sociologa e concittadina cuneese Mariella Berra, pubblicai il volume "Informatica solidale" per Bollati Boringhieri.
  • Lucio Stanca, ministro del secondo e del terzo governo Berlusconi, lesse il libro, da lui chiamato "libretto rosso di Meo" e mi chiamò nel 2002 a presiedere una commissione incaricata di indagare sulle opportunità aperte dall'avvento del software libero per la pubblica amministrazione centrale e periferica.
  • Nel maggio del 2003, al termine di un lunghissimo lavoro, la commissione consegnò le sue conclusioni e proposte, dalle quali il ministro Stanca derivò, nel dicembre 2003, un'importante direttiva, poi trasfusa nel decreto legislativo 82/05, più noto come "Codice dell'Amministrazione Digitale".
  • Nella sostanza quella direttiva e quel decreto legislativo impongono alle pubbliche amministrazioni di partire, nella scelta di una soluzione informatica, da una valutazione comparativa tecnica ed economica estesa ai prodotti del software libero, privilegiando le soluzioni che assicurino l'interoperabilità e la cooperazione applicativa ai diversi sistemi informativi della pubblica amministrazione.
  • Come ulteriori raccomandazioni, i sistemi informatici non dovranno essere dipendenti da un unico fornitore o da un'unica soluzione proprietaria; il codice sorgente dovrà essere disponibile per l'ispezione e la tracciabilità da parte delle pubbliche amministrazioni; e infine, i dati e i documenti dovranno poter essere esportati in più formati, di cui almeno uno di tipo aperto.
  • A mio giudizio, se la direttiva Stanca, il Codice dell'Amministrazione Digitale e le leggi regionali di Toscana, Umbria, Veneto, Piemonte fossero rispettati, il software libero giocherebbe un ruolo centrale nei sistemi informativi della pubblica amministrazione, con enormi benefici economici per l'intero sistema paese.
  • Sfortunatamente, l'Italia è caratterizzata da leggi severe e intelligenti, temperate dalla loro inosservanza, e quelle norme non fanno eccezione.
  • Anzi, esse sono del tutto ignorate. A titolo di esempio, ricordo l'azione di ASSOLI, associazione del software libero, che per opera del suo presidente, l'avvocato Marco Ciurcina, ha ottenuto l'annullamento di una costosissima gara che privilegiava un prodotto proprietario.
  • Sfortunatamente, le associazioni del software libero non dispongono delle risorse umane ed economiche necessarie per impugnare molte decine di gare aperte da pubbliche amministrazioni centrali o periferiche, compresi i più importanti ministeri.
  • Per superare il problema dell'assoluta inosservanza delle norme a favore del software libero, nel maggio 2007 il ministro Luigi Nicolais del governo Prodi istituì una seconda commissione, ancora una volta da me presieduta.
  • Gli obiettivi di questa commissione erano l'analisi dello scenario europeo ed italiano del settore, la definizione di linee guida operative per supportare le amministrazioni negli approvvigionamenti di software libero, un'analisi dell'approccio "open source" per favorire cooperazione applicativa, interoperabilità e riuso.
  • Sfortunatamente (ancora una volta), la breve vita del governo Prodi si concluse un paio di settimane dopo la consegna del volume prodotto dalla nuova commissione, e il successore del ministro Nicolais dichiarò che la questione del software libero non era per lui di alcun interesse.
  • Speravamo che con l'avvento del governo Monti l'attenzione verso la questione del software libero ritornasse viva come ai tempi del ministro Stanca.
  • Per questa ragione, su sollecitazione degli amici delle nostre associazioni, scrissi subito una lettera al presidente Monti e ai ministri Profumo e Patroni Griffi, nella quale ricordavo che un intervento a favore del software libero avrebbe avuto il pregio raro di comportare una riduzione della spesa e contemporaneamente di promuovere lo sviluppo.
  • Sono passati due mesi e ad oggi non ho ricevuto alcun cenno di risposta.
  • È comprensibile che i destinatari della mia lettera non abbiano trovato il tempo di rispondermi, in considerazione del volume di cose di cui devono occuparsi.
  • Comunque, penso che la promozione del software libero sia molto più importante della liberalizzazione dei taxi e dei riksciò, così come penso che ai fini dello sviluppo sia fondamentale portare l'investimento annuo in ricerca e sviluppo almeno al livello della media dei Paesi europei.
  • Per consolarmi della delusione, l'amico Giorgio Giunchi, parafrasando le conclusioni di un altro mio articolo, mi ha raccomandato: "Insistere, Insistere, Insistere".
  • Insisterò o, meglio, insisteremo.
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